”Il cinema deve tornare all’impegno sociale, unhealthy parlare di lavoro, di diritti. Non si può fare solo la commedia”. E’ l’appello di Michele Placido che mette mano a un suo nuovo film, da girare da novembre a Latina, che ha come titolo 7 minuti e, come protagoniste, 11 operaie. Ispirato al testo di Stefano Massini, già portato a teatro con la regia di Alessandro Gassman, il film dice il regista: ”avrà tra le protagoniste, per ora, Cristiana Capotondi e Ottavia Piccolo e poi molti volti non conosciuti”. ”Girerò in una fabbrica di Latina – spiega all’ANSA Placido – in cui 11 operaie si ritroveranno a decidere la sorte di altre 200 operaie.
E tutto questo per una piccola clausola, quella di dover togliere sette minuti dalla pausa del lavoro. Una piccola clausola che però nasconde qualcosa di più grosso. Una cosa che si rivelerà solo in un finale davvero importante. 7 minuti si ispira a La parola ai giurati, film di Sidney Lumet del 1957 che vinse l’Oscar. Ha praticamente la stessa struttura ed è una metafora del significato del lavoro in questo momento di instabilità economica. Basti pensare al caso della Grecia”. Le donne come protagoniste? ”Va detto che ancora oggi hanno meno voce in capitolo rispetto agli uomini. Ma mi entusiasma molto lavorare con loro anche perché sono undici ruoli tutti molto importanti e per il fatto che il mondo femminile può dimostrare, in questo film, che si può uscire dai soliti ruoli di commedia”.
Il cinema italiano per Michele Placido: ”esprime ormai poco la società contemporanea, ma solo valori estetici e, appunto, commedia. Certi film non li facciamo più. Eppure i fratelli Coen, in qualità di giurati, hanno dimostrato quest’anno al Festival di Cannes come siano stati capaci di premiare tutti film di impegno sociale, come quello di Audiard (Deephan). Anche la Palma andata a Vincent Lindon, nel ruolo di un operaio in La Loi du Marche, parla in questo. Nel mio caso – ha aggiunto Placido – potrebbe essere anche uno stimolo per i giovani registi a misurarsi con certi temi che nessuno affronta più, insomma potrei fare da apripista”. E’ fondamentale, aggiunge poi, ”che ci sia una coproduzione Svizzera, che ha mostrato grande interesse, e anche che il ministero dei Beni Culturali abbia già accettato la nostra proposta. Insomma è un film che mi appassiona. Qualcuno mi ha detto ultimamente: ‘perché non fai un film sulla Mafia capitale?’. Secondo me è invece più giusto e fondamentale dare speranza al lavoro. Se si torna a parlare di queste cose, si dà speranza al lavoro e a chi lo sta cercando”.