(di Aldo Grasso, store Corriere) Lo dico subito, a scanso di equivoci: Maria De Filippi è molto brava a fare una tv che non mi piace. Basta guardare una puntata di «Uomini e donne» o «C’è posta per te» per averne riprova. Certo, non si può chiedere a Maria di fare programmi culturali (a meno che non si consideri la «normalizzazione» di Roberto Saviano un’operazione finemente politica), ma nell’ambito della tv popolare, è difficile trovarne una più brava.
Le va riconosciuta una professionalità senza se e senza ma, un fiuto non indifferente nello scovare e cavalcare storie e fenomeni che attraggono il pubblico generalista, vedi i giovani talenti di «Amici» (Canale 5, sabato, ore 21.20). Qual è invece il «talento» di Maria De Filippi? Mi convinco sempre di più che sia un caso strano nella storia della tv: in «Amici», Maria ha di fronte una produzione kolossal, un varietà di prima serata con esibizioni canore e di ballo, con l’ospite hollywoodiano (in questo caso l’attore Owen Wilson), la starlette italiana (Sabrina Ferilli), i cantanti (Emma Marrone, Elisa, Francesco Renga, una stralunata Loredana Bertè). Sarebbe facile esagerare, strafare per domare questo bestiario televisivo.
Invece Maria ha fatto sua la regola del «less is more», del «meno è meglio»: i conduttori televisivi tendono sempre ad aggiungere, a riempire tutti gli spazi, mentre lei, per calcolo o per istinto, pratica una conduzione «in levare». Non sente l’esigenza di essere sempre al centro della scena, guida il programma con un certo distacco, anche durante le risse verbali o l’esibizione spudorata del dolore privato, cosa che le permette di mantenersi sempre al di sopra del fetish che i suoi programmi sprigionano. Ecco, il problema della De Filippi e della sua tv è proprio questo: se si liberasse di quel sottobosco di tronisti, di casi umani, insomma di quel «mostruoso sociale» che è, in fondo, l’eredità storica del «Maurizio Costanzo Show», si potrebbe apprezzarla con più trasporto.