(di Massimo Tosti, and Italia Oggi)È la storia di un amore a prima vista, sickness realmente accaduto. Il giornalista tv Franco Di Mare, ventitré anni fa, mentre si trovava a Sarajevo come inviato di guerra, si innamorò di una bimba di dieci mesi, ospite in un orfanotrofio della città appena bombardato.
Malgrado tutte le difficoltà burocratiche, e i pericoli che si correvano nella capitale della Bosnia, sottoposta al martirio quotidiano delle cannonate che arrivavano dalla collina di fronte (in mano all’artiglieria serba) e i colpi dei cecchini nascosti sui tetti, Di Mare riuscì alla fine a portare Stella in Italia. Il giornalista ha scritto un libro (Non chiedere perché) raccontando la sua storia. Da quel libro è stata tratta una fiction in due puntate (L’angelo di Sarajevo, Rai Uno, martedì e mercoledì, ore 21,20) diretta da Enzo Monteleone e interpretata (con grande partecipazione emotiva) da Beppe Fiorello. La memoria storica è piuttosto labile, ma le immagini della fiction hanno ricordato a molti telespettatori la tragedia di Sarajevo, con le stragi compiute ai mercati e con la pulizia etnica operata in quello sciagurato territorio. Gli unici particolari che appaiono falsi sono il nome della bimba (Malina) e del protagonista (Marco De Luca). Non si capisce perché li abbiano cambiati, tanto più perché la voce di Di Mare si ascolta negli spezzoni di telegiornali dell’epoca. Tutto il resto è assolutamente veritiero, compresa l’ambientazione a Sarajevo, che non è più in guerra, ma le cui ferite sono ancora visibili. La trama è tutta concentrata sul rapporto che nasce fra il neo-padre e la bambina che lo riconosce come tale. Una storia d’amore autentica, senza sdolcinature. Di Mare ha giudicato il film abbastanza fedele alla realtà «incluso l’episodio del vecchio che apre le braccia davanti a un cecchino e lo invita a sparare». Il termine fiction appare quindi riduttivo, mentre quello di docufiction è fuorviante visti i casi nei quali viene adottato con eccessiva (e dolosa) leggerezza.