Le uova sulle pellicce dei ricchi, comizi volanti ai ‘fratelli in divisa’ e l’abbraccio di un manifestante a un poliziotto con le lagrime agli occhi. Quel manifestante si chiama Mario Capanna, allora leader della contestazione studentesca milanese, che ricorda all’Adnkronos quel 7 dicembre 1968: la contestazione alla Prima della Scala, in scena il Don Carlo di Giuseppe Verdi. “Noi rompemmo il ghiaccio e da allora non c’è anno che non ci sia una manifestazione: è una data simbolica”, dice Capanna che parla alle nuove generazioni: “Meno male che i giovani sono tornati in piazza”, ma guai a parlare di nuovo ’68: “Contesti diversi – dice – non bisogna mortificare il presente appiccicandolo al passato: spero semmai che questi movimenti durino quanto il ’68 e siano pacifici: bisogna fare di tutto per evitare la violenza in piazza, anzi sarebbe positivo un dialogo tra manifestanti e forze dell’Ordine: una sorta di educazione civica reciproca”. Ieri era il 7 dicembre del 1968, domani il 7 dicembre del 2024. Cosa è cambiato?
Uova e cachi sugli abiti da sera.. l’abbraccio al poliziotto di Lentini
7 dicembre del 1968. Un fitto lancio di uova e cachi fa scempio di abiti da sera, smoking e pellicce, mentre i borghesi cercano di guadagnare velocemente l’entrata: “Furono colti di sorpresa”, dice sorridendo mentre ricorda un dettaglio “con grande soddisfazione: piazza della Scala e la Galleria Vittorio Emanuele erano una piazza d’armi, con un ingente schieramento di polizia e carabinieri: allora ci venne un’idea, fare comizi volanti ai cordoni di poliziotti e carabinieri”, dice. Capanna ricorda ancora quell’arringa alle Forze dell’Ordine: ‘Il 70% di voi viene dal Sud e dalle Isole e vestite la divisa per il pane avete dovuto abbandonare genitori e fidanzate e vi ordinano di stare qui al freddo per proteggere quei ricchi che l’altro giorno vi hanno dato l’ordine di spararvi addosso.. ‘ “Mentre dicevo questo – racconta – vidi un poliziotto rigido sugli attenti con le lagrime che gli scendono, io d’istinto lo abbracciai: mentre lo abbracciai lo sentii mormorare ‘Io sono di Lentini'”. Lentini è a pochi chilometri da Avola, un dettaglio da non trascurare.
“I braccianti di Avola vi augurano buon divertimento..”
“Noi andammo alla Scala – sottolinea Capanna – perché quattro giorni prima, il 2 dicembre, ad Avola, in provincia di Siracusa, la polizia sparò con raffiche di mitra su una manifestazione di diecimila braccianti, i quali non chiedevano la luna nel pozzo ma lottavano perché gli agrari applicassero il contratto che avevano firmato un anno prima”. Risultato? Due morti e decine di ferite, un deputato – dice – portò addirittura in Parlamento i bossoli. Noi studenti allora scendemmo in piazza con un cartello di un sarcasmo terribile: i braccianti di Avola vi augurano buon divertimento e da allora nacque lo slogan ‘Nord e Sud uniti nella lotta’, un alto valore di indignazione morale e civile”.
Primi e ultimi…
Capanna ricorda il tema economico. “Quando esponemmo il cartello ‘i braccianti di Avola vi augurano buon divertimento’ – racconta Capanna – intendevamo una cosa precisa: “Lì i braccianti sono costretti a lottare e vengono colpiti con raffiche di mitra per un salario da fame, voi invece andate alla Scala coperti di gioielli e pellicce che valgono milioni”. Il nostro messaggio era chiaro: “Non si può andare avanti con differenze così umilianti tra persone dello stesso Paese”.
…Il poliziotto non è il nemico.. l’idea dell’educazione civica
“Bisogna fare di tutto per evitare la violenza in piazza”, dice Capanna. “Sebbene poliziotti e carabinieri eseguano spesso ordini conservatori, se non apertamente reazionari, è sempre bene dialogare con loro”, prosegue il leader del ’68 che sottolinea: “Bisogna illustrare le ragioni giuste perché si protesta che magari riguardano i loro figli e le loro famiglie”, sottolinea invitando a una sorta “di educazione civica reciproca tra manifestanti e forze dell’Ordine: sarebbe molto positivo”.
“Metterci la faccia, non nascondersi..”
Internet e i social? “La protesta – spiega Capanna – oggi usa anche i canali telematici e la loro rapidità di diffusione, ma io credo che rimanga fondamentale la presenza fisica: il gettare nella lotta in cui si crede il proprio corpo, la propria mente e il peso del proprio essere, bisogna metterci la faccia: non nascondersi e assumersi le proprie responsabilità. Questo è il presupposto – conclude – di un vero impegno”.