In occasione dei 30 anni dalla scomparsa di Domenico Modugno, un docu evento diretto da Maite Carpio ripercorre la vita dell’artista. Mercoledì 27 novembre su Rai 1 Il 6 agosto 1994 finiva la vita avventurosa di un ragazzo intraprendente che dal sud scappò al nord in ricerca di fortuna e arrivò più lontano di quanto avesse mai immaginato. Voleva fare l’attore e invece… ha rivoluzionato la canzone italiana. Era il 1958 quando, una canzone scritta da un paroliere alle prime armi in collaborazione con un giovane artista in ascesa, trionfa al Festival di Sanremo. I due sono Franco Migliacci e Domenico Modugno e la canzone è “Nel blu dipinto di blu”. Inconsapevolmente, quel brano portò la musica italiana oltre il vincolo del belcanto e il suo interprete e autore, Domenico Modugno, si trovò catapultato nello stardom americano vendendo oltre 22 milioni di copie nel mondo e vincendo due Grammy. Modugno e la sua “Volare” esprimevano una nuova promessa di benessere e felicità, facendo sembrare tutto possibile e con questa canzone iniziò a cambiare la percezione dell’Italia nel mondo. Tuttavia, sarebbe davvero ingeneroso ricordare un artista dotato di un talento prodigioso, solo per questo immenso successo. Domenico Modugno, l’italiano che incantò il mondo, per la prima volta racconta tutta la sua vita e la continua lotta per non essere solo Mister Volare. A lui dobbiamo la nascita della canzone d’autore, cioè quella capacità di far coincidere poesia e musica, ma il mondo del cantautorato, da lui fondato, è stato poco generoso con questo padre fondatore che si trovò spesso a lottare contro la censura e il rischio di passare di moda. La sua carriera, come la sua vita, furono un susseguirsi di sfide, cadute e rinascite, soprattutto perché nel ventennio tra i ‘60 e i ’70, il mondo fu travolto da grandi cambiamenti culturali e sociali e i gusti del pubblico cambiavano a grande velocità. Nel documentario si racconta anche un Domenico Modugno che non si fermò mai e continuò a scrivere, comporre e recitare, aprendosi anche al cinema al teatro. Collaborò con Garinei e Giovannini, Eduardo De Filippo e Strehler. Il pubblico lo amò per i suoi sceneggiati televisivi, tra tutti resta l’immortale Scaramouche. Un gigante come artista e come uomo, perché confrontandosi con la malattia, costretto a una lunga riabilitazione motoria dopo essere stato colpito dall’ictus nel 1984, decise di impegnarsi in politica con il partito radicale, dedicandosi a battaglie per i diritti dei disabili e per l’ambiente. Il documentario racconta la storia di un italiano che ha fatto sentire orgogliosi tutti noi, perché in lui vedevamo riflessa la nostra parte migliore. Attraverso filmati provenienti da vari archivi nazionali e internazionali e riprese evocative girate nei luoghi che a Modugno sono stati più famigliari, come Polignano a mare dove è nato, San Pietro Vernotico e Roma dove ha vissuto, la regista Maite Carpio ha ricostruito la storia alternando colore e bianco e nero, con una fotografia calda e intimista per coinvolgere lo spettatore e farlo entrare nella storia senza troppe mediazioni. Grazie alle testimonianze di quanti lo hanno conosciuto, amato o ne hanno raccolto l’eredità, si vuole restituire il ritratto insieme personale e storico dell’uomo e dell’artista che ha segnato la storia del nostro Paese a trent’anni dalla sua scomparsa.