Non ha il cellulare, odia la tecnologia, rifugge i rapporti con gli esseri umani ma invece ama le persone, che studia con una curiosità che si rivela poi la sua arma migliore per risolvere i casi. È lo ‘Stucky’ di Giuseppe Battiston, un ispettore antieroe che si fa presto ad amare, protagonista della omonima serie tratta (liberamente) dai romanzi di Fulvio Ervas, diretta da Valerio Attanasio, che vedremo in onda da mercoledì 30 ottobre su Rai2 alle 21.20 e su RaiPlay. Sei episodi da 60 minuti che saranno trasmessi da Rai2 e RaiPlay, prodotti da RaiCom, Rai Fiction e Rosamont. Il primo episodio sarà trasmesso in anteprima questa sera, lunedì 28 ottobre, su RaiPlay.
“Stucky non è un uomo d’azione, non mena, non porta armi. Non è un poliziotto tradizionale, è una figura abbastanza solitaria ma non è solo -lo tratteggia Battiston- Adora passeggiare per le strade di Treviso e pensare ai suoi casi. È moderno e calato nella realtà, si fa un bicchiere e si fuma un sigaro, ma non è calato nella contemporaneità della digitalizzazione. Ha una curiosità innata e fortissima verso le persone. Si nutre del loro carattere, delle loro storture, dei pregi e dei difetti”. Il suo luogo di elezione è infatti un’osteria, il luogo di incontro delle anime umane per eccellenza. “In comune con lui ho che siamo tutti e due poco loquaci -sorride Battiston- Mi affascina tantissimo per tutta una serie di cose che sono diverse dalle altre fiction. Di lui si sa pochissimo, è misterioso. Ma il mistero è proprio quello che ci affascina della gente”.
Guai però a dirgli che il suo personaggio si ispira al tenente Colombo, protagonista della serie interpretata dall’indimenticabile Peter Falk. “Colombo? Divento matto se mi vedo fare qualcosa che ha già fatto qualcuno -scandisce l’attore udinese-. È un tratto della mia personalità, ed è il motivo per cui a volte mi capita di litigare con registi che non sanno lavorare con gli attori, e ti chiedono di dire una battuta facendoti vedere come la direbbero loro. Io poi sono un fan ‘cintura nera’ di Colombo, ho avuto anche la fortuna di conoscere Peter Falk, che mi fa venire in mente più che Colombo i film di Cassavetes”. Ma “non c’è nessun intento ‘biopical’ in Stucky, omaggiamo semplicemente una forma di struttura che non si vedeva da tempo. Falk era un grande attore, anche volendo imitarlo sarebbe molto complesso”.
“Il personaggio andava ritagliato attorno a Battiston e alla sua personalità -spiega il regista Valerio Attanasio- e anche la struttura della serie è diversa dai romanzi di Ervas. Ci siamo presi delle piccole libertà dallo Stucky romanzesco nella costruzione delle vicende e nelle sue relazioni personali, poche e misteriose”. L’unica relazione abbozzata è quella con il medico legale di Stucky, Marina, interpretata da Barbara Bobulova. Un personaggio che è un amico, confidente e a volte anche fondamentale per la risoluzione dei casi. Tra i due c’è un’attrazione non esplicitata ma evidente. “Marina è il suo medico legale, Stucky con lei si confronta su ogni caso ma loro ogni volta che parlano di un cadavere passano a raccontarsi le loro vicende private -spiega la Bobulova- Soprattutto lei, lui è un po’ impacciato e a lei questa cosa piace molto, si trovano molto bene umanamente. Interpretarla è stato facile perché con Beppe ci conosciamo da tanti anni”.
Personaggi chiave anche i due poliziotti collaboratori di Stucky, Alessio Pratico nel ruolo di Fabio Guerra e Laura Cravedi in quello di Ilaria Landrulli. “Guerra è stralunato e ha un timore reverenziale nei confronti dell’ispettore e questo crea dei momenti di disagio (esilarante, ndr) di cui l’ispettore gode stuzzicandolo e mettendolo in difficoltà -spiega Alessio Pratico- Tra i due c’è un rapporto sincero. È un personaggio e che porta leggerezza all’interno della narrazione”. Il carattere di Fabio è complementare a quello di Ilaria “Lei è super sul pezzo, precisissima, con la fame di alimentare le lodi dell’ispettore -spiega Laura Cravedi- Generazioni diverse che a volte non si comprendono ma che vanno tutti verso la risoluzione del caso. Abbiamo lavorato sulla complementarietà”.
Sullo sfondo c’è Treviso, con le sue atmosfere del nord-est italiano. “Treviso è stata una scelta sposata da tutti, perché si adattava bene al personaggio -spiega il regista- È una città di provincia, dove ci si può spostare bene a piedi, dato che Stucky non ha la patente, e poi il centro storico non è mai stato inquadrato al cinema. È stato una specie di teatro di posa perfetto, tranquillo. Ci piaceva anche in relazione al fatto di metter questo ispettore al cospetto di quell’alta borghesia, dell’arroganza di questi ricchi. Uno scontro tra la sua normalità e umiltà e la ricchezza del nord. Cinematograficamente interessante”.