Non canto ma, come mio nonno, voglio dare voce a chi non ne ha

Non canto ma, come mio nonno, voglio dare voce a chi non ne ha

“Un consiglio da mio padre Cristiano? Sorridendo mi ha sempre detto: nella vita fai quello che vuoi ma non cantare”. Alice De André, attrice, presentatrice ed educatrice teatrale, nipote di Fabrizio De André, si racconta all’Adnkronos presentando il suo debutto alla regia con lo spettacolo teatrale ‘Take Me Aut, l’eroe che è in me’, in scena al Teatro Gerolamo di Milano il 19 ottobre alle 20.

Collaborato con la Fondazione Un Futuro per l’Asperger Onlus, lo spettacolo, che ha già debuttato a giugno, è il risultato di un laboratorio teatrale della Scuola Futuro Lavoro, parte della Fondazione stessa, e vede protagonisti i suoi talentuosi ragazzi. Lo spettacolo, racconta Alice, “sottolinea l’importanza dell’unicità e del valore delle diversità, quanto sia prezioso ciò che ci rende diversi, senza la necessità di conformarci alla società attuale. Allo stesso tempo, lo spettacolo evidenzia quanto siamo simili nelle nostre paure e gioie”. Il punto di partenza è la figura dell’eroe che “abbiamo cercato di umanizzare”. Lavorare con i ragazzi della fondazione, per Alice, è stata un’esperienza di crescita reciproca: “Sono cresciuta molto grazie alla loro purezza, una qualità che noi adulti tendiamo a perdere con le sovrastrutture che ci imponiamo. Loro sono liberi, autentici e dicono quello che pensano. Vederli così genuini, salire sul palco per la prima volta davanti a 200 persone, pur non essendo attori, è stato incredibile. Mi hanno insegnato la leggerezza”.

Ma chi è l’eroe che si cerca di umanizzare? “Un eroe è una persona capace di guardarsi dentro, senza paura di ciò che trova, e di utilizzare questa conoscenza per fare del bene a sé stessa e agli altri. Essere sinceri con se stessi richiede coraggio, ed è già un atto eroico. Mi sono sentita un’eroina molte volte, soprattutto considerando la mia infanzia difficile. Essere qui a parlarne mi rende orgogliosa e i miei eroi sono questi nove ragazzi”.

Portare il cognome De André è per Alice un onore ma non è sempre stato facile: “Il problema non è il cognome ma l’ignoranza di chi fa continui paragoni, come se fossi un’estensione di mio nonno. Io sono un’altra persona, con il mio percorso. Portare questo cognome è un onore immenso, ma è difficile gestire le aspettative degli altri. Mi chiedono sempre quanto sono stata influenzata da mio nonno, come se non avessi una mia identità artistica. E c’è chi si aspetta che io canti, come se fosse un obbligo”.

Per affrontare questa pressione, Alice ha scelto la stand-up comedy, creando un pezzo comico che è stato però spesso frainteso. “Mio padre mi ha consigliato di riderci su. Lui l’ha apprezzato molto, altri invece hanno pensato che stessi disonorando il cognome di mio nonno, cosa che non farei mai. Mio padre, come me, ha trasformato questa pressione in qualcosa di utile. Anche lui ha dovuto affrontare i paragoni, ma con ‘De André canta De André’ ha dato una sua interpretazione al repertorio di mio nonno, portandolo anche a un pubblico più giovane”.

Insomma ad Alice la musica piace ma non canta: “Sono cresciuta immersa nella musica, e la uso anche nello spettacolo con i ragazzi. Semplicemente, non è mai stata la mia vocazione”. Le canzoni preferite del nonno? “Cantata da mio padre amo ascoltare ‘Verranno a chiederti del nostro amore’. Mi ha raccontato che mio nonno la cantò a mia nonna la notte in cui si lasciarono. Mio padre la canta con una tale emozione che mi commuove ogni volta. Di mio nonno, sono legata a ‘Oceano’, perché è il motivo per cui mi chiamo Alice. Queste canzoni rappresentano un legame più diretto con lui”. E come Faber, anche Alice si pone grandi obiettivi: “Come mio nonno, sento la vocazione di dare voce a chi non ne ha, o a chi non gliene viene data. Sensibilizzare, questo è il mio obiettivo”.

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