Da attore poco conosciuto dell’Off Broadway a interprete del primo supereroe cinematografico. Da grande stella di Hollywood a attivista e avvocato per i diritti dei disabili, dopo che una caduta da cavallo lo ha paralizzato dalla testa ai piedi. La storia di Christopher Reeve è incredibile, ma “io ho la fortuna di dire che per me era solo papà”. Così racconta il figlio di Christopher Reeve, Matthew, nell’intervista ad Adnkronos in occasione della presentazione a Roma del documentario ‘Super/Man: The Christopher Reeve Story’, arrivato oggi nelle sale con Warner Bros. a 20 anni dalla morte dell’interprete di Clark Kent/Superman, nell’omonimo film diretto da Richard Donner nel 1978.
La storia di Christopher Reeve non è solo straordinaria – è stato il primo a far credere alle persone nei supereroi – ma è anche un esempio di destino ironico. La sua vita si è letteralmente intrecciata con quella di Superman: è sceso dal piedistallo del supereroe per diventare un autentico eroe. Il 27 maggio 1995 ha rischiato di morire dopo una caduta da cavallo che lo ha reso paralizzato dalla testa ai piedi. Come dimostra il documentario, la famiglia e i suoi amici intimi – tra cui Robin Williams, che si è travestito da chirurgo per farlo sorridere di nuovo – non hanno mai smesso di stargli accanto. ‘Da un grande potere derivano grandi responsabilità’, recita il motto del supereroe ‘Spider-Man’. E lo sa bene Reeve. Mentre proseguiva la carriera cinematografica, sia dietro che davanti alla macchina da presa, è diventato un attivista nella ricerca delle cure per le lesioni del midollo spinale.
È arrivato fino alle Nazioni Unite e Barack Obama ha firmato una legge sulla disabilità che porta il nome di Christopher Reeve e di sua moglie Dana, con la quale ha creato una fondazione per dare voce e ispirare le persone con disabilità in tutto il mondo. “Abbiamo bisogno di veri eroi, di veri leader, di persone autentiche che diano esempio, valori e senso di responsabilità e che facciano sempre sentire la loro voce nel dibattito pubblico”, sottolinea Matthew che, insieme ai suoi fratelli, continua a portare avanti la Fondazione insieme ai suoi fratelli Alexandra e Will.
Il documentario – evento di Alice nella Città – è un ritratto intimo che mette in luce l’uomo dietro il costume del supereroe, tra amore, legami familiari talvolta complessi e il rapporto con gli amici, oltre a Williams, anche Susan Sarandon, Glenn Close, Jeff Daniels e Whoopi Goldberg. Ma quella di Reeve è anche una storia di resilienza e impegno sociale. Dopo l’incidente, come si racconta nel documentario, si chiedeva spesso se avesse senso continuare a vivere paralizzato. ‘Sei sempre tu e io ti amo’, gli disse la moglie Dana entrando nella stanza della terapia intensiva. In quel momento ha capito che un eroe è un uomo qualunque che riesce a superare qualsiasi difficoltà.
“Molte persone pensano che i supereroi siano intoccabili e che niente e nessuno possa spezzarli. In effetti, ha fatto credere alla gente di poter volare e quelle stesse persone lo identificavano come il vero Superman nella vita reale”, afferma il regista del documentario Ian Bonhôte nell’intervista. Dopo l’incidente “molti pensavano ‘Chris non può stare su una sedia a rotelle’ oppure ‘come fa ad essere così fragile?’. Ma lui – prosegue Bonhôte – ha scelto di essere la voce, il cuore e la mente di molte persone con disabilità per cambiare le cose”. E ci è riuscito. “La storia di Reeve è quella di un vero supereroe”, dichiara il co-regista Peter Ettedgui. “Mi ricordo che ero ossessionato da Superman quando avevo 5-7 anni. Stavo male quando la kryptonite gli toglieva i poteri e provavo sollievo quando li recuperava. Se ci pensiamo – fa notare Ettedgui – è quello che è successo a Christopher. L’incidente gli ha tolto tutto, ma ha ritrovato il suo potere usando cuore e voce per cambiare il mondo”, conclude.