A Firenze gli stati generali dell’animazione italiana

A Firenze gli stati generali dell’animazione italiana

L’animazione italiana sta diventando un elemento strategico nell’industria dell’entertainment. Con le sue 60 aziende di produzione e i circa 6.000 dipendenti, il settore sta crescendo, ma per fare un vero salto di qualità è necessario investire. Per questo motivo, gli operatori, forti di un precedente positivo nell’uso del tax credit, sono da tempo in pressing su Parlamento e governo per introdurre un obbligo per le piattaforme private di destinare una sottoquota di investimenti all’animazione italiana.

Il messaggio è stato chiaramente espresso durante la seconda edizione degli stati generali, organizzati a Firenze alla Manifattura Tabacchi negli spazi di DogHead Animation, lo studio che, con i suoi circa 500 artisti, ha dato vita alle serie animate di Zerocalcare e molte altre produzioni italiane e internazionali. Una scelta di eccellenza, come sottolineato da Stefania Ippoliti, direttrice di Toscana film commission. Durante la giornata di lavori, si è consolidata l’alleanza tra la presidente di Cartoon Italia, Maria Carolina Terzi, e il numero uno di Anica, l’associazione che riunisce le industrie cinematografiche, audiovisive e digitali, Francesco Rutelli.

“Obbligo di investimento e sottoquota sono il nostro mantra, la nostra unica speranza di crescita” – ha affermato Terzi – “Non avere una sottoquota, soprattutto da parte delle piattaforme presenti in Italia, rappresenta una crisi. Questo causa un ritardo nell’evoluzione del prodotto. In Italia abbiamo un unico broadcaster che è la Rai, che non finiremo mai di ringraziare perché da sola sostiene le serie di animazione per bambini, ma c’è una grande mancanza riguardo i lungometraggi di animazione e le serie per bambini sopra i 7 anni”. Soltanto con l’obbligo di investimento per una sottoquota del 5%, secondo le stime della categoria, si potrà raggiungere una maturazione.

Concetti condivisi da Rutelli: “Confidiamo che in Parlamento vengano accolte le istanze del mondo dell’animazione, che sono di interesse nazionale” – ha dichiarato ai giornalisti a margine della sua partecipazione all’evento – “Dobbiamo aiutare la parte industriale e creativa italiana non a competere con i campioni del mondo come Hollywood, ma a essere in grado di avere una struttura competitiva con gli altri Paesi. Altrimenti, le nostre aziende rischiano di andare all’estero o di essere acquistate dall’estero”.

Pertanto, avverte Rutelli, “la sottoquota non è un piccolo interesse settoriale dell’animazione. Anica la sostiene perché è un modo per competere e far crescere migliaia di giovani e centinaia di imprese”. I numeri presentati agli stati generali sono emblematici: con un investimento di 10 milioni da parte delle piattaforme, tramite obbligo di sottoquota, in tre anni il fatturato dell’animazione italiana, oggi fermo a 125 milioni, crescerebbe a 178,4 milioni, con un aumento del 43% del valore aggiunto e la creazione di 1.120 posti di lavoro. Lo Stato, a sua volta, avrebbe un ritorno positivo di 24,6 milioni. Già esiste un precedente virtuoso: il tax credit, attraverso il quale ogni euro di agevolazione fiscale ha generato 2,5 euro di spesa in Italia, di cui 2,2 per stipendi e oneri.

Sociali ma anche 1,26 euro di introiti diretti per le finanze pubbliche. Uno strumento che, a propria volta, è sintomatico di un’attenzione da parte degli ultimi governi e che viene confermata anche nei messaggi di saluti portati dalla sottosegretaria alla Cultura, Lucia Borgonzoni.

Chi non ha bisogno di essere convinta della bontà della sottoquota di investimenti è la tv di Stato, che già la applica: “Noi l’abbiamo e la rispettiamo,” conferma il direttore di Rai Kids Luca Milano. “Al momento non ci sono obblighi, ma non c’è nemmeno un divieto quindi mi auguro che le piattaforme e i produttori, come già hanno provato a fare in qualche raro caso, possano rendere più stabile la collaborazione perché penso che faccia bene anche a noi avere un mercato più ampio e una concorrenza.”

In questo senso, la Rai, che da venti anni investe nell’animazione con studi ormai presenti in ogni regione e produzioni all’altezza della competizione internazionale, è l’investitore di punta. “Usiamo con piacere le produzioni di animazione sui nostri canali per bambini e ragazzi, Rai YoYo e Rai Gulp, ed effettivamente il talento italiano si vede alla pari con le migliori realtà europee e internazionali,” assicura Milano. “La nostra speranza è che anche gli altri broadcaster privati e le piattaforme inizino a investire nell’animazione italiana. Questa rete potrà dare loro soddisfazioni come le sta dando a noi.”

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