L’attore sudcoreano Lee Sun-kyun, celebre per il suo ruolo nel film “Parasite” premiato agli Oscar nel 2020, è stato ritrovato senza vita in un’apparente tragedia di suicidio. La polizia, come riportato dall’agenzia di stampa sudcoreana Yonhap, ha rinvenuto il corpo del 48enne all’interno di un veicolo nel centro di Seul. Precedentemente oggetto di un’indagine per sospetto uso di cannabis e farmaci psicotropi, Lee Sun-kyun si trovava in una situazione che aveva compromesso la sua reputazione di attore di successo, portandolo, secondo vari media sudcoreani, a perdere opportunità televisive e contratti pubblicitari.
La polizia è intervenuta dopo che i familiari di Lee, preoccupati, avevano segnalato un messaggio dell’attore che faceva temere per le sue intenzioni suicidarie. Inizialmente, la polizia ha dichiarato di aver trovato l’attore privo di sensi, ma successivamente ha confermato il suo decesso.
Lee Sun-kyun aveva guadagnato fama internazionale grazie a “Parasite” di Bong Joon-ho, ma le accuse e lo scandalo legato all’uso di sostanze proibite avevano oscurato la sua carriera. Il suo ultimo film, “Sleep”, dove interpreta un marito sonnambulo che terrorizza la moglie, è stato presentato fuori concorso al Festival di Cannes quest’anno.
Il talento di Lee è stato riconosciuto con diversi premi, tra cui uno Screen Actors Guild Award nel 2021 per la sua performance in “Parasite” e una nomination agli International Emmy Awards l’anno precedente per il thriller di fantascienza “Dr. Brain”.
Nel tentativo di affrontare le accuse, Lee Sun-kyun si era scusato pubblicamente alla fine di ottobre, dichiarando di essere dispiaciuto per aver deluso molte persone e per il dolore che la sua situazione stava causando alla sua famiglia.
La legge riguardante l’uso di droghe in Corea del Sud è nota per la sua severità, e il presidente Yoon Suk-yeol aveva recentemente chiesto misure più rigide per contrastare il traffico di droga. Nel paese asiatico, la vendita di cannabis è punita con l’ergastolo, e sono previste sanzioni anche per coloro che rientrano in patria dopo aver consumato legalmente cannabis all’estero.