Michael Mann firma il film su Enzo Ferrari in concorso a Venezia 80

Michael Mann firma il film su Enzo Ferrari in concorso a Venezia 80

“Ho trovato uomini che indubbiamente amavano come me l’automobile. Ma forse non ne ho trovati altri con la mia ostinazione, animati da questa passione dominante nella vita che a me ha tolto il tempo e il gusto per quasi ogni altra cosa. Io non ho alcun diverso interesse dalla macchina da corsa.”

Queste parole riassumono tutta la filosofia di Enzo Ferrari. E il film di Michael Mann, in concorso all’80esima Mostra del Cinema di Venezia, ci restituisce tutta la magnifica ossessione del fondatore della casa automobilistica di Maranello. D’altronde si tratta di un progetto a cui il cineasta americano pensava già durante i primi anni Novanta. Dopo Collateral (2006), il regista di Heat torna quindi al lido con un lungometraggio tratto dal libro “Enzo Ferrari – The Man and The Machine”, Ma il film si sofferma sul 1957, un anno fondamentale per ex pilota e costruttore delle auto più famose al mondo.

FERRARI, LA TRAMA DEL FLM

Già dai titoli di testa con quelle immagini sgranate in bianco e nero di auto lanciate a tutta velocità sulle note di una canzone d’epoca che accenna alla giungla, a tigri e a leoni, si evince quanto Ferrari sia una dichiarazione d’amore epica, spettacolare e appassionata al mondo affascinante e rischioso delle corse automobilistiche degli anni Cinquanta. E in virtù dei costumi di Massimo Cantini Parrini (che ha firmato pure quelli di Comandante) e di un sound design da urlo, il film ci trasporta nella Modena del 1957. La squadra di calcio della città vai assai male. Ma la vita di Enzo Ferrari va pure peggio. L’azienda che dieci anni prima aveva creato dal nulla è in gravissima crisi. La Maserati, grazie al talento del Jean “Jeannot” Marie Behra, sembra invincibile. La Jaguar ha stravinto le competizioni precedenti e ha moltiplicato le vendite. La Ferrari, invece, rischia la bancarotta. Come se non bastasse anche il matrimonio con la moglie Laura sta precipitando dopo la dipartita del loro unico figlio Dino (morto a causa della distrofia di Duchenne)  e la scoperta dell’esistenza di Piero, il figlio che Ferrari aveva avuto dalla  relazione extraconiugale con Lina Lardi. In cerca di riscatto, Enzo decide di puntare tutto su una gara di velocità che si disputa in Italia: la leggendaria Mille Miglia. Perché il “Drake” (come era soprannominato) non partecipa alle corse automobilistiche per vendere auto, ma vende automobili per partecipare alle corse.

FERRARI, DA ADAM DRIVER A PENELOPE CRUZ IL CAST DEL FILM 

Non era affatto semplice interpretare l’Enzo Ferrari di quell’estate datata 1957. I giornalisti dell’epoca paragonavano il patron di casa Maranello a Saturno che uccide i suoi figli (intesi come piloti) oppure gli davano del fabbricante di vedove. Adam Driver vince la scommessa di risultare credibile nell’interpretare un personaggio per cui, citando Enzo Biagi, ”esistevano solo il rumore delle sue macchine e il silenzio delle sue riflessioni. Non era un emiliano buontempone, era un uomo che viveva con sé stesso e che si faceva ragionevole compagnia.” Riesce a tenergli la testa, la sempre straordinaria Penelope Cruz nel ruolo della moglie Laura Garello. Azzeccata la scelta di Shailene Woodley per la parte dell’amante Lina Lardi e quella di Patrick Dempsey che veste i panni del pilota Piero Taruffi.

DA PARIGI O CARA A NEL GIARDINO DEL MIO CUORE

Dalla scena ambientata a teatro durante la rappresentazione della Traviata con i versi dell’aria Parigi o cara che paiono riecheggiare la vicenda personale di Enzo Ferrari, alla ricostruzione del terrificante incidente avvenuto durante la Mille miglia sulla Goitese nei pressi di Guidizzolo (che costò la vita al pilota spagnolo Alfonso de Portago, al navigatore americano Edmund Gurner Nelson, e a nove spettatori, cinque dei quali bambini, il film di Mann non lesina forti emozioni. E alla fine della corsa si resta senza fiato. Felici per la vittoria, ma distrutti per la perdita. Certo, come dice Gianni Agnelli nel film e negli affari, ogni giorno è un nuovo giorno. E forse, è una massima che si può adottare anche nella vita, al netto del dolore, dei lutti e delle tragedie. Magari aiutati dalle note di Nel giardino del m

Torna in alto