Quando nel 1963 esce “Libera nos a malo”, il suo capolavoro e la sua prima opera pubblicata, Luigi Meneghello ha quarantuno anni. Il suo è solo apparentemente un esordio tardivo. La sua vita a Malo, nel Vicentino, dove è nato il 16 febbraio del 1922, la lotta partigiana, la tragedia dei rastrellamenti, la perdita dei compagni, gli studi universitari, l’esperienza nel Partito d’Azione e infine un singolare bilinguismo maturato alternando la permanenza tra Inghilterra e Malo, sono un capitale che riversa interamente nella sua opera. Un personaggio raccontato da “L’altro ‘900”, in onda lunedì 31 luglio alle 22.25 su Rai 5 per “Sciarada, il circolo delle parole”.
Tra il ’46 e il ’48, vista la situazione politica e culturale dell’Italia, Meneghello decide di emigrare. Nella primavera del 1947 vince un concorso del British Council per un anno di studio presso l’Università di Reading, dove si trasferisce nel settembre 1947. È l’inizio di un vero e proprio “dispatrio” che dura fino al 2004, anno della morte della moglie Katia Bleier, quando lo scrittore va a vivere definitivamente a Thiene, dove si spegne il 26 giugno del 2007.
Lo stile di Meneghello procede nella memoria a macchia, in una concatenazione seduttiva di istantanee tutte collegate fra di loro attraverso le quali il protagonista parla in prima persona. Brillano nelle pagine le molte interferenze e i trapianti linguistici tra italiano alto, dialetto vicentino, inglese in un intreccio fortunato tra memoria assoluta e memoria linguistica.
Il successo immediato del romanzo “Libera nos a malo” è seguito l’anno dopo da “I piccoli maestri”, undici capitoli dedicati all’esperienza partigiana vissuta in prima persona con un gruppo di studenti guidati da Antonio Giuriolo, dal ’43 al ’45. La retorica della quale Meneghello si libera è doppia, come spiega lo scrittore Domenico Starnone: da una parte quella del fascismo, che lo scrittore di Malo, nato nel ‘22, ha assorbito negli anni degli studi; dall’altra quella eroica e resistenziale. Così il libro di Meneghello ha un tratto personalissimo e fortemente antiretorico, che lo colloca accanto ai romanzi “Una questione privata” e “Il partigiano Johny” del coetaneo Beppe Fenoglio, che escono postumi nel ’63 e nel ’68. Il periodo bellico torna tra le pagine di Meneghello in “Promemoria. Lo sterminio degli Ebrei d’Europa”, che esce nel ’94 con tre scritti apparsi negli anni Cinquanta sulla rivista “Comunità”: “una analisi in gran parte ispirata dalla tragica esperienza della moglie Katia, ebrea jugoslava di lingua ungherese, internata ad Auschwitz con tutta la famiglia”, come spiega la studiosa Francesca Caputo. Dell’opera di Luigi Meneghello, definita da Maria Corti “un vero e proprio sistema di vasi comunicanti”, parla nella puntata anche il linguista Giuseppe Antonelli, soffermandosi sulla “catena di lingue” che salda l’intera produzione, approdando anche alle pagine memorialistiche di “Bau-séte” dell’88 e soprattutto di “Pomo però”, pubblicato nel 1974, “un vero e proprio viaggio nella Storia e nelle storie che lascia segni sulla società, sulla lingua e sul modo stesso di concepire la letteratura anche attraverso l’oralità”. I brani tratti dall’opera di Meneghello sono affidati alla lettura dell’attore Alessio Vassallo.