(di Tiziano Rapanà) Ora che il fiume è cheto e le polemiche si sono sbollentate, se ne può parlare. Non un commento post-qualcosa, che ha la boria di un pensiero postdatato né la bora da individuo irato che si fa ingiustificata veemenza. Di commentatori così ce ne sono e basta spulciare, cliccare, sfogliare. E come benedicono il dio della polemica, così lontano da Apollo e dal suo amore per l’arte e la poesia e lo stare bene. Gli indiani puntano sempre a palesare e scatenare il kundalini, ma qui si scende verso il basso e non è semplice voglia di questionare: è iattanza. Mero tifo. Epperò non lo si dice per la ragione di prima, la tracotanza. E si deve avere sangue freddo per affrontare la tempesta; intelligenza, temperanza. Roberto Sergio, da a. d. Rai, ha schivato tutte le insidie ipotizzabili. È solidità, sicurezza di portare avanti una missione di pluralità del racconto e informazione. E c’è differenza tra mistura ed equilibrio, bisogna saperli dosare gli ingredienti. Questa nuova Rai, guarda a tutti. È ragione e non solo sentimento. Propensione allo sforzo di non scontentare il cittadino, prim’ancora che il telespettatore, perché la Rai non può guardare soltanto all’intrattenimento. Gli algoritmi non sono vangelo, la strada maestra è la responsabilità. L’a. d. Sergio si muove così con un solo pensiero in testa: è il cittadino l’editore di riferimento.