Roma, anni Ottanta. Sullo sfondo una festa, «di quelle dove ci si guarda, si beve, si chiacchiera, a volte si rimorchia». In un angolo della stanza, Massimo Troisi, «a caccia», perché i single erano soliti stare in quella posizione così potevano avere «la miglior visuale» sul salone. Al centro c’erano le coppie, tra cui Francesco Nuti e la modella Clarissa Burt, felicemente fidanzati da quando lei, nel 1986, era atterrata nella capitale.
A raccontare la scena con dovizia di particolari, seppur molto tempo dopo, è stato lo stesso Nuti, nella sua autobiografia pubblicata nel 2011 e scritta insieme al fratello, Sono un bravo ragazzo. Andata, caduta e ritorno. «Non so perché e non so per come, finito il party siamo tornati a casa con la stessa macchina. Io, Clarissa e Massimo», ricorda l’attore toscano, tristemente scomparso all’età di 68 anni dopo una lunga malattia.
«So di certo, invece, che dopo un mese lei fece baracca e burattini, salutando il mio attico ai Parioli. Mi lasciò e si fidanzò con Troisi, andando ad abitare nella sua villetta a cento metri da casa mia», rivelava Nuti. «Qui cominciò tutto: dolore, rabbia, orgoglio, gelosia e, soprattutto, invidia. Che mi pare il quarto vizio capitale: ebbene sì, una volta e per lungo tempo, l’invidia mi ha graffiato l’anima con unghie da felino adulto».
Nuti, che raccontava di essersi anche appostato con l’auto in strada per scoprire – senza successo – dove dormiva l’ex fidanzata, in quel periodo si trasferì a Los Angeles. Incontrò nuovamente il rivale in amore su un campo di calcio, mesi dopo: si salutarono a malapena, «così andò per molti anni». Sì, perché come aggiunge in uno dei passaggi salienti, già invidiava Troisi «per la sua sincera arte da comico di razza, ma questo era davvero troppo».
Dunque, nel 1994, quando la star partenopea viene a mancare, Nuti gli va a dare l’ultimo saluto. «Ero molto indeciso, poi con un amico vado. C’era tutto il cinema italiano, tutta la stampa, tutte le televisioni, mi sembrava ci fosse tutto il mondo. Arrivo trafelato, secondo me non mi vede nessuno», si legge. «Arrivo al letto dove riposava Massimo. Mi piego. Gli do un bacio sulla fronte. E gli sussurro: t’ho invidiato tanto».