Maria Antonietta: “Ho messo i miei fantasmi in musica per liberarmi di loro”

Maria Antonietta: “Ho messo i miei fantasmi in musica per liberarmi di loro”

Maria Antonietta torna con l’album “La tigre assenza”. Cantautrice eclettica, una delle voci più amate dell’alternative italiano, con questo lavoro, che esce a cinque anni di distanza dal precedente, abbraccia i suoi fantasmi, anche se sono feroci. “I miei mi hanno fatta a pezzi, ma adesso sono tornata, intera, per farli stare zitti. Per sempre” dice a Tgcom24. Il titolo prede spunto dall’omonima poesia di Cristina Campo, una poesia sul dolore e sulla memoria.

Per Maria Antonietta gli ultimi cinque anni sono stati particolarmente intensi. Dopo il debutto del 2012 con l’album omonimo prodotto da Dario Brunori, seguito da “Sassi” nel 2014 e “Deluderti” nel 2018, Letizia Cesarini, questo il suo vero nome, ha preso strade laterali. Laureata in storia dell’arte, ha dedicato una serie di reading alla creatività femminile e alle sue poetesse del cuore e nel 2019 ha pubblicato il libro “Sette ragazze imperdonabili. Un libro d’ore” (Rizzoli). Nel 2021 poi ha provato l’esperienza televisiva mettendo a frutto i suoi studi nella serie Sky “Sacra bellezza – Storie di santi e reliquie sul mondo dell’arte sacra”. Adesso però è il momento di tornare al primo amore, la musica. Lo fa con “La tigre assenza”, un album prodotto da Antonio Filippelli che contiene 10 brani, di cui “Viale Regina Margherita” composto con Francesco Bianconi e “Per Le ragazze come me” realizzato con la collaborazione di Laila Al Habash, sangue romano e palestinese, già una delle grandi promesse della scena italiana.

Come riprendi in mano il tuo ruolo di cantautrice?

Con grande felicità. Ovviamente perché le cose che ho fatto in questo intermezzo sono state tutte cose molto belle e piacevoli, però sono tornata alla mia vocazione principale, la cosa che veramente mi rende più felice, che è la musica: fare dischi e fare concerti. Penso sempre che sia utile ogni tanto avere dei piccoli intermezzi in cui veramente fai altro e ti alimenti con altre forme di creatività. Ciclicamente è importante ritrarsi sulla proprie priorità: ho passato questo test e ho deciso di tornare a fare un disco.

Tra il tuo secondo album e il terzo sono passati quattro anni e adesso altri cinque per dare alla luce “La tigre assenza”. Una bella affermazione di indipendenza in tempi in cui si pretende un singolo ogni due mesi…

Più che altro è una bella affermazione di pazzia. E di rispetto, forse dei propri ritmi interni, del ritmo nella propria creatività. Per me la priorità deve essere quella di una ricerca autentica, altrimenti diventa un po’ maniera e quando devi fare le cose perché devi farle secondo me si perde un po’ di sapore. Questo non significa scrivere solo quando hai la romantica ispirazione, perché io non ci credo per niente in questa cosa della romantica ispirazione. Io credo piuttosto nel potere del lavoro, nella dedizione, anche dell’autodisciplina pur nella creatività. Però è vero che ci sono dei momenti in cui hai qualcosa da dire e altri momenti in cui hai meno da dire e quindi forzarti mi sembrerebbe un po’ pericoloso ai fini della qualità.

Le canzoni sono nate nell’ultimo periodo o nell’arco di questi anni?

Ho scritto in tutti questi cinque anni e quindi ho avuto la possibilità di scegliere i brani che dialogavano tra di loro in maniera coerente e mi sono potuta trovare di fronte a un concept, realizzando un disco che ruota attorno a un fulcro ben preciso. Devo dire che ho scritto tanto e poi credo molto a una cosa che ha detto Tchaikovsky: l’ispirazione è un lavoro. A volte ti metti a lavorare a una cosa senza voglia e non ti senti per niente ispirato. Poi invece accade qualcosa, accade qualcosa e arriva con uno slancio bello, giusto. Alla fine è stato il lavoro che ha prodotto l’ispirazione.

Torna in alto