Dopo aver condiviso vent’anni di canzoni con i Ministri, Federico Dragogna, all’alba dei suoi primi quarant’anni, ha sentito l’esigenza e la necessità di farsi carico di quello che voleva dire e di dare il suo nome ai brani che custodiva da tempo e che sono visioni di un attimo, lavorate poi con una lentezza d’altri tempi, “come polaroid lasciate per anni al buio in un cassetto a trovare i propri colori”. Personalmente posso aggiungere che è un album di profonda leggerezza, nel senso che ti prende per mano come per andare a fare un picnic e ti ritrovi a scalare l’Everest dell’anima. Inconsapelvomente. Con gioia.
Federico l’album nasce dalla consapevolezza dei propri limiti e da una voce lasciata in un mangiacassette: credi che sia il destino che ti ha sfidato a una prova di maturità?
Il destino è quello che mi ha fatto nascere nel 1982 a Milano: della mia nascita non sono responsabile ma è stata determinante nel mio cammino perché bisogna prendersi le responsabilità del cammino e della voce. Ho messo la mia voce in un mangiacassette quando ho capito che la voce si poteva registrare e 32 anni dopo la ho fatta uscire. Una parte di me si sentiva di doverlo fare da molto tempo ma è accaduto in coincidenza col quel luogo comune che si chiama quarant’anni.
È quasi hemingwayana secondo me l’immagine della casa caduta a pezzi e ricostruita con i ricordi, penso a Di là dal fiume e tra gli alberi: gli alberi sono protezione oppure è la natura che si riprende ciò che le abbiamo sottratto?
Sono la natura che si riprende il suo e ci ricorda la nostra piccolezza. È un album che pur nel dichiarare una identità ci spiega come siamo in balia di forze più forti, che vanno dal destino alla natura. Umiltà è ricordarci quanto siamo piccoli verso la natura e che seppure roviniamo il pianeta, lui andrà avanti nonostante noi. Il mondo andrà avanti oltre noi.
Per fare scomparire il rumore delle nostre vite basta staccarsi dal suolo? Concetto che per altro riprendi in Cascate quando dici “e non riesci a capire qual è il momento per saltare”. Sembra che il tema o dell’indecisione o del folle volo siano una costante della tua vita.
Cascate parla di ansia. Io non lo sono ma vivo vicino a persone che ne soffrono, che sono consumate dalla paura del fallimento e dello sciogliersi. Dico che come da bambini il tuffo che è indecisione può diventare volo. La musica è uno dei farmaci migliori, il migliore ansiolitico naturale.
Musica per Aeroporti è la canzone più filmica, a me ha dato sensazioni lisergiche alla Sergent Pepper’s: che storia ha?
Penso a Dubai dove ho passato otto ore per andare poi nella giungla. In quell’aereoporto immenso è impossibile trovare una libreria ecco perché lo definisco quasi il punto di arrivo di una fabbrica di cioccolato e terrore. È un cortocircuito prima di salire a 12mila metri… meglio i testimoni di Geova che il toblerone.
Dove Nascere è la canzone della seconda, anche terza opportunità. Il finale con la gente che rischia la vita anche solo per venirci a morire è un messaggio politico e sociale molto forte.
Il mio coraggio è minore di chi affronta il Sahara e il Mediterraneo per venire qui. Il fenomeno del migrare contiene l’assurdo che sceglieremmo dove nascere e migrando scegliamo dove nasceranno i figli. La discussione è limitata perché non è fenomeno dell’oggi, ha risvolti drammatici ma anche di fortuna, riscatto e riscossa. Vorrei un ragionamento che vada oltre il blocco navale e l’aiutiamoli a casa loro: dobbiamo parlare dell’idea di ricerca di fortuna e felicità ma quel discorso vale anche per chi nasce nell’Appennino ed emigra in Pianura Padana.
Citi Zavattini per la melanconia del Po, in Spugna accenni all’aria della Pianura Padana… provi un’attrazione particolare per quelle terre?
Il fascino comincia a essere asfaltato. L’amicizia con Vasco Brondi mi ha fatto scoprire quella parte di pianura, il Polesine col riverbero vero della melanconia, la zona di Milano è coperta di capannoni. Tutto è triste e magico.
Non Tornare Adesso è una sfida ai sentimenti: questo prepararsi a un ritorno è reale o è un aspettando Godot? Una visione interiore, una volontà inespressa? O anche il disincanto dei sogni che non cambiano da quindici anni di cui parli in Sentiti libero?
È un buon consiglio di un amico da posta del cuore, non deriva da una saggezza delle relazioni, ma io all’epoca sbagliai: avvicinarsi a una partner perduta è rischioso, sei incasinato? Piuttosto aspetta. Soprattutto se sei uno che scrive canzoni e un po’ narcisista come tutti quelli che scrivono canzoni.
Credi che oggi il vero volersi bene sia proteggere la vita sconosciuta che ci corre dentro?
Proteggere mi piace come concetto e per come me lo hai prospettato. La letteratura motivational di oggi deve ricordare che la chiave per la nostra serratura ha la forma di un linguaggio che conosciamo solo noi. Trovarla non è la somma di libri, consigli e influncer. È e resterà un mistero dunque proteggiamo il mistero.
Fibra sembra una storia distopica ma invece è il ritratto di questa epoca: hai paura del futuro? È brutto poi essere vaccinati contro ogni miracolo.
Non ho paura perché sono ottimista. Sono i tempi che voglio vivere, il presente e il futuro, perché ne sanno di più del passato. Fibra è la smaterializzazione di cose che viviamo e sono sotto il tappeto, tipo i server di Spotify e i cavi della fibra che attraversano l’Atlantico. La velocità dove ci porterà? Non vediamo due mosse dopo. Chi posso leggere per capire che accadrà tra vent’anni?
Cacciatori è sì un brano di appartenenza casuale ma anche di solitudine e forse anche di redenzione visto che la solitudine li porta a camminare senza più sparare. È questo il cammino dell’uomo?
La immagino come cammino per i nostri padri, penso alla solitudine affettiva che hanno provato loro che spesso sono stati gran lavoratori ma con difficoltà a esprimere le loro emozioni; oggi sono come quei cacciatori che cercavano qualcosa e negli anni Novanta si sono illusi su macchine e oggetti come la pernice è l’illusione per un cacciatore. Non c’è più bisogno di sparare ma a volte non bastano una vita e una canzone per tirare via la corazza.
Alla fine possiamo dire che non hai più paura di incontrare i tuoi dubbi e che quando ti svegli sei tra i buoni?
Paura dei dubbi non ne ho più e sono pronto a incontrare i miei pensieri più spaventosi, i pensieri non hanno colpa di niente finché restano pensieri. Lavoro per andare a letto con la parte buona di me.
Che accadrà nelle prossime settimane?
Stiamo facendo l’allestimento del concerto, vado incontro a una stagione di concerti e presentazioni.