L’acrimonia avvelena il pensiero

L’acrimonia avvelena il pensiero

(di Tiziano Rapanà) Non è che poi uno si sveglia la mattina e si dice: “Guarda, ho occhi nuovi!”, con quell’idea tutta matta di organizzare un soliloquio tanto per uscire dalle miserie della vita di ogni giorno. Gli altri non vedono occhi diversi, sono sempre i soliti e l’acrimonia li riveste di ideologia e li riempie di velo. Si potrebbe parlare di cataratta intellettuale. Sempre così e non ci si ravvede mai. Ora si guarda male Pino Insegno, perché – dicono – pare sia amico della premier. Come se l’amicizia fosse una nota di demerito. Eh sì, è corretto se si tratta di un debuttante che si affaccia con timidezza nel mondo dello spettacolo. Pino Insegno lavora da quarant’anni nel settore ed è un rinomato attore, presentatore, doppiatore. Non mi pare sia il primo venuto. Ma l’acrimonia verso l’amicizia obnubila il giudizio su attori, presentatori, giornalisti et cetera. Uno dice: mi ripeto. Epperò ritorno sempre lì, sul valutare il merito dell’artista nel muoversi in un preciso campo scenico. È questione di prossemica e non di scienza politica. Occhi fissi sulla prossima stagione e via con le valutazioni (anche feroci). Ma adesso no: è il tempo dell’attesa. Tra un’anticipazione e l’altra, si potrebbe (per esempio) vivere. Ossia riverniciare i palazzi dell’esistente di un verde speranza per ridare energia all’idea che si possa superare il grigio, né si né no, e si possa decidere di ripensare una vita nuova (lontana dal pensato di tutte le novità già battute, già proposte e assodate).

tiziano.rp@gmail.com

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