L’enogastronomia in tv, ecco l’unica via: avanti tutta tradizione

L’enogastronomia in tv, ecco l’unica via: avanti tutta tradizione

(di Tiziano Rapanà) Ho assaggiato il consommé del consumismo. Mi sono scottato, ho la lingua fuori posto. Prima cucchiaiata: il conformismo domina il mio sentire, mi vuole come lui. Seconda cucchiaiata: il luogo comune si impone nelle viscere della mia identità, vuole distrugge l’alterità. Terza cucchiaiata: non mi faccio fregare, la iattanza mi ha salvato ancora una volta. Eppure molti da quel consommé si fanno fregare ed è la fine. Va a ruba, si consumano scodelle su scodelle al giorno. E non basta dire: assaggiate quello classico con il petto di pollo e non il metaforico, infarcito di idee malsane. Mi devo fare i fatti miei, così mi risparmio le occhiatacce. Consumismo uguale a conformismo? Ossia: anch’io ho indossato il cappuccio dei manichei? Ma io non sono un monaco e non ho certo la pazienza per ricopiare tutti quei testi sacri (questa buona volontà lasciamola agli scribi medievali). So bene che nel mezzo ci sono migliaia di sfumature ma non volevo complicare il discorso. Più ci si avvicina al calderone del consumismo e più si avverte l’odore del convenzionalismo, che non è mai tradizione o pratica di uso comune: è imposizione ad una postura, ad un modo d’essere, “è così perché deve essere così”. Mettere in discussione l’esistente, piegato al demone dell’idiozia? Non scherziamo. Meglio bere il consommé ideologico, ovvio. E molti lo bevono con diletto e ti dicono che è gustoso. E questo si ripercuote nella gastronomia. Si rivisita tutto, perché così deve essere fatto. L’innovazione piega ogni sentire popolare. Una carbonara non può più essere una carbonara ma qualcos’altro. Le si vieta di essere sé stessa. Il trionfalismo del nuovo, tuttavia, non porta mai alla patafisica bensì a banali variazioni sul tema. Poi ci sono le eccezioni che meritano attenzione. Giusto seguire il sentiero dello sperimentalismo, quando si vuole. Ma non si può imporre una via. Povere lasagne! Vi vogliono uccidere l’identità. Idem per tutte le amatriciane del mondo. Vi prego, almeno risparmiate l’ossobuco. E le emittenti a tema, che raccontano i piatti nostrani, diano spazio alla tradizione. Sperimentare per assecondare la superficiale lady vanità non porta da nessuna parte. La didattica nella tv enogastronomica deve raccontare l’usanza, le nonne e gli avi e via via tra i rami dell’albero genealogico. Così si dovrebbe fare.

tiziano.rp@gmail.com

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