Charlotte Gainsbourg inquieta nei Passeggeri della notte

Charlotte Gainsbourg inquieta nei Passeggeri della notte

PASSEGGERI DELLA NOTTE di Mikhaël Hers mostra la sua bellezza proprio nel rifuggire estremi conflitti, tragedie, colpi di scena. Non che questi non si intravedano, non siano possibili in questa storia, ma in caso vanno letti e decifrati nei piccoli gesti, nelle cose semplici che accadono in questa famiglia che attraversa gli anni Ottanta. Il film in sala dal 13 aprile con Wanted prende il via subito dopo la storica elezione di Mitterrand nel 1981, quando Elisabeth (Charlotte Gainsbourg) si ritrova separata dal marito ed è in cerca di un lavoro per mantenere i due figli adolescenti Matthias (Quito Rayon Richter) e Judith (Megan Northman). Dopo aver scritto alla conduttrice radiofonica Vanda Dorval (Emmanuelle Béart), l’inquieta Elisabeth riesce a trovare un impiego da centralinista nel suo programma che ascolta durante le notti insonni. Un lavoro di ascolto di chi, proprio come lei, ha una vita di traverso, qualche grossa ferita e un cuore da gatto randagio. Tra ordinarie esperienze quotidiane e qualche amore la famiglia di Elisabeth cresce, trovando anche il tempo di accogliere la giovane Talulah (Noée Abita), ragazza dal passato difficile senza casa e in cerca di un rifugio. “Questo film – spiega il regista di AMANDA – parla di separazione, di assenza, di tempo che passa, è un lavoro piuttosto dolce e malinconico. Anche se, secondo me, ci sono cose più oscure che funzionano in modo sotterraneo e che irrigano il film. C’è, ad esempio, lo spettro della malattia per il personaggio principale, una malattia che ha avuto in passato. E poi c’è questo personaggio di Talulah, una giovane donna marginale che non ha mai conosciuto il senso di appartenenza”. Perché il tema del dolore in tutti i suoi film? “Ho difficoltà a spiegarlo – dice il regista parigino – Quando comincio a scrivere, i temi della separazione, della scomparsa, si presentano sempre in un modo o nell’altro. Cerco di trattarli in modo che siano comunque orientati alla vita, nel senso che i periodi di dolore fanno comunque parte di questa”. E riconosce infine Hers: “Certo c’è qualcosa della Nouvelle Vague nei miei film, quello che preferisco tra i suoi registi e che mi parla di più è Éric Rohmer”. Come definire il suo cinema? “È delicato, ma spero anche abbastanza sensoriale”.

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