(di Tiziano Rapanà) Ma il cinema non è una jam session. Non è come il primo disco di Alberto Radius, che portò alla nascita degli Area. Motore, ciak, azione: tutto diverso, fin troppo prestabilito. Si mette in scena la vita di Gigi D’Alessio – lo ha detto egli stesso oggi sul Messaggero – e tutto il vivere che è stato dalla nascita fino al primo disco. Lui ci mette la storia e le musiche, Peppe Fiore costruirà l’impianto della sceneggiatura e tutto il resto sarà da definire. Mi trasformo in un innaffiatore di entusiasmo per far crescere il fiore della certezza per la riuscita di una bella cosa. Nei giardini delle vaste speranze saranno tanti gli innaffiatori, soprattutto i fan che scaleranno le montagne della gioia per far giungere il proprio pensiero al loro idolo. Però resto sempre convinto che il cinema non sia una jam session. E che un film alla fine dei conti sia solo un film. Per me il cinema dovrebbe essere questo, uno che ti dice: “È tutto pronto per l’eclissi di sole”. E tu sei lì ad aspettare l’avvento dell’evento. Lo vedi, è lì: “Ma è proprio bello”. Lo stupore si palesa atteso sotto forma di lacrime, che rigano i tuoi occhi. E allora avvinto ti guardi tutto ad occhio nudo, con il rischio di danneggiare la vista. Il cinema, purtroppo, è un’altra cosa: è la campana che suona nel preciso instante in cui si annuncia l’inizio della messa. Sempre a quell’ora e con la preannunciata intensità. Non vi riducete a campana, sacrificate la sceneggiatura per fare di testa vostra sul set. Perdetevi! Anche se poi il brutto del perdersi è che alla fine ci si ritrova sempre e i fili si riannodano. E riecco la narrativa.