Alla kermesse cinematografica torinese è stata presentata la pellicola diretta da Maria Schrader che racconta la vera storia di Jodi Kantor e Megan Twohey, le giornaliste del New York Times che per prime hanno svelato le storie di abusi compiuti da Harvey Weinstein. Il film arriverà nelle sale a metà gennaio. Ecco il video che anticipa ciò che vedremo sul grande schermo
Al Torino Film Festival è stato presentato fuori concorso Anche io, il film sul caso Weinstein e il Me Too.
E in queste ore in rete è uscito il trailer di questa attesissima pellicola, diretta da Maria Schrader per raccontare la vera storia di Jodi Kantor e Megan Twohey. Si tratta delle giornaliste del New York Times che per prime hanno svelato le storie di abusi compiuti da Harvey Weinstein. Parliamo del tristemente celebre produttore cinematografico statunitense che, insieme al fratello Bob, ha fondato la Miramax Films, casa di produzione di film indipendenti di successo come Pulp Fiction, Clerks – Commessi, Sesso, bugie e videotape. Presidente della Weinstein Company a partire dal 2005, è rimasto in carica fino al 6 ottobre 2017, quando, in seguito a numerose accuse di molestie sessuali, è stato licenziato dal consiglio di amministrazione della sua compagnia ed espulso dalla Academy of Motion Picture Arts and Sciences.
L’11 marzo 2020 la Corte Suprema dello stato di New York lo ha condannato definitivamente per stupro e violenza sessuale a 23 anni di carcere da scontare nell’istituto penitenziario di Rikers Island.
Il film Anche io arriverà nelle sale a metà gennaio, distribuito da Universal Pictures Italia. La regista si è espressa con le seguenti parole sul suo film in uscita: “Non avevamo visto ancora un film sul giornalismo investigativo con due protagoniste femminili. Hanno detto che questo è come Tutti gli uomini del presidente ma con le donne: in effetti parla di un’investigazione che ha avuto risonanza mondiale e che ha avuto l’effetto di cambiare le cose”, ha dichiarato Maria Schrader.
Anche io nella versione originale si intitola She Said. Il suo obiettivo è quello di raccontare sul grande schermo una delle storie che negli ultimi anni è stata narrata soltanto a livello giornalistico: la storia di Harvey Weinstein, colui che per decenni è stato uno degli uomini più potenti di Hollywood e di cui soltanto pochi anni fa sono state svelate per la prima volta storie di abusi, tutte le nefandezze da lui compiute nel mondo dello spettacolo. Proprio in seno a quello scandalo emerso grazie al lavoro giornalistico di Jodi Kantor e Megan Twohey, è nato il movimento chiamato MeToo. Oltre alla nascita di questo movimento – che ha riunito le voci di tante vittime di abusi non soltanto da parte di Harvey Weinstein ma in generale abusi di qualsiasi tipo e in qualsiasi ambito e settore – il lavoro giornalistico delle due protagoniste di questo film ha portato alle denunce e alle indagini che hanno fatto finire Weinstein in carcere per violenza sessuale.
LE PROTAGONISTE ZOE KAZAN E CAREY MULLIGAN
Nel film le giornaliste Kantor e Twohey sono interpretate da Zoe Kazan e Carey Mulligan. La regista tedesca Maria Schrader ha sottolineato in un intervento fatto in occasione del Torino Film Festival – dove Anche io è stato presentato fuori concorso – che il fatto di essere stata per molti anni un’attrice avrebbe aiutato molto la messa in scena di questa pellicola.
“Credo che la mia esperienza nella recitazione influenzi la mia scrittura e la mia regia”, ha spiegato Schrader. “Guardo ancora tutto dal punto di vista di un’attrice, non ho paura degli attori e ho l’esperienza necessaria a capire di cosa hanno bisogno. E ho provato sulla mia pelle quanto sia importante per un attore il rapporto con un regista, un rapporto che è compito del regista creare affinché si crei un clima di fiducia sul set che possa permettere agli attori di prendere dei rischi”.
Maria Schrader ha poi rivelato che le attrici Zoe Kazan e Carey Mulligan “hanno scelto di avere uno stretto rapporto con le giornaliste che interpretavano, hanno passato molto tempo con loro, e con le loro famiglie, e lo stesso ho fatto io. Tutte eravamo coscienti che la nostra era una storia vera, i personaggi sono persone reali, e questo può intimidire un attore. Ma questo non era un documentario, e per loro era necessario fare le loro ricerche per poi essere libere di creare una rappresentazione artistica di un personaggio reale. E anche Kantor e Twohey ne erano consapevoli”.