Ophelia Lia: “Everest l’ho scritta in un momento in cui tutto era in salita”

Ophelia Lia: “Everest l’ho scritta in un momento in cui tutto era in salita”

La giovane artista piemontese mischia in modo sapiente cantautorato italiano, melodie pop e testi che raccontano scorci di vita. Attraverso la musica elabora dolori e gioie.

Strane le alchimie amorose. Come le pozioni delle favole possono avvelenare o rendere immortali. Le persone e i sentimenti. Ophelia Lia viaggia sul crinale del bene e del male illuminata sempre da una luce blu, colore che trasmette calma, melanconia, profondità e dipendenza. Ma la questione ha anche un’altra sfumatura cromatica, della quale l’artista piemontese è causa (forse) inconsapevole: la sua musica provoca dipendenza. Fresca, potente, tra cantautorato e pop, si erge dalla mediocrità e viene a darti una carezza. O un schiaffo. Comunque un segnale di esistenza e di resistenza che ci porta a scalare quell’Everest che è la vita.

Ophelia partiamo dalla scelta di Everest come singolo dell’estate e quanto c’è di autobiografico?
La scelta è arrivata dall’etichetta, una scelta effettuata tra i vari brani proposti. Per me andavano bene tutti essendo figli miei quindi era giusto che scegliessero loro. Tutto è autobiografico, è un pezzo della mia storia. La ho scritta un anno fa ed ero in un momento dove tutto era in salita.

È difficile portare un nome scespiriano? Sai che c’è una canzone di Francesco Guccini che si chiama Ophelia, oltre a quella dei The Lumineers ovviamente. Perché hai cambiato il cognome, Gambin, scegliendo Lia che in ebraico significa operosità?
Mi chiamo Ophelia proprio per la canzone di Guccini resa nota dai Nomadi dei quali i miei genitori sono grandi fan: avrò visto almeno 15 loro concerti. So che è difficile come nome, a volte lo devo pure ripetere. In realtà volevo utilizzare solo Ophelia, per me era già completo. Quando sono andata su Spotify, un tizio ha scritto dall’America che aveva già depositato i diritti del nome. Avrei potuto insistere essendo il mio nome vero ma non ne avevo la forza e dunque ho aggiunto il nome della mia bisnonna. Spero un giorno di poterlo togliere, non lo vedo così fondamentale.

In questo periodo quali sono le parole che rimbombano in testa?
C’è tanta perseveranza. Poi c’è calma perché tendo ad agitarmi. Devo riuscire ad avere un equilibrio poiché tendo a correre e a volere tutto e subito. Per fortuna gli ultimi anni mi hanno insegnato che tutto arriva quando deve arrivare, quando è il suo momento.


Hai pensato di crearlo tu un tutorial per gestire i tuoi colpi di testa?
Non credo sia possibile. Sono brava a dare consigli sulle vite degli altri, sulla mia meno. Poi i colpi di testa sono di famiglia.

Secondo te è più complicato scalare l’Everest oppure una volta raggiunta la vetta restarci?
Può sembrare complicata la salita ma se hai una motivazione reale nulla è complicato. Restarci non dipende solo da noi. A volte ci sono variabili che non controlli e ti fanno scendere. A volte con dolore.

Quanto è difficile, per chi vuole fare questo lavoro, partire dalla provincia?
C’è molta più strada da fare ma anche più voglia di muoversi. Per chi vive in città anche fare parte del mondo musicale o partecipare a momenti dove puoi fare incontri è più semplice. Io devo preventivare un’ora di auto ma ho più motivazioni. È più dura ma non impossibile.

Cosa ti resta e cosa ti ha insegnato la vita di gruppo, e mi riferisco ai Delta Waves?
Concepire un team lavorativo come una famiglia. C’è stato un momento in cui eravamo insieme quasi 24 ore al giorno, con i pro e i contro. Oggi è come passare dalla maturità al primo lavoro o al primo anno di università. Si tratta sempre di arte, anche quando girano tanti soldi, e non è il mio caso, bisogna ricordarsene.

In Vado Giù parli di una fotografia che colma l’assenza: ne hai molte? Sei per indole una che conserva i ricordi o tendi a fare una selezione?
Ne ho sempre tenute molte e poi giunto il momento della selezione. Di mio non la farei la selezione ma la vita ti ci porta. Ora ne ho di nuove, di vecchie e qualcuna precaria.

“Scappo per non farmi male”: la miglior difesa per volersi bene è la fuga?
Sì. Ma in quel caso non è una fuga, parola alla quale diamo spesso una connotazione negativa, è un allontanamento da ciò che mi fa male.

Coraggio mi sembra il solo brano che tende all’ottimismo sentimentale: è legato a un momento speciale? Marzo è un mese speciale per te?
Ero giovane e ingenua. Per me ogni brano ha un nome e un cognome e un periodo. Coraggio la ho scritta tempo dopo la chiusura della relazione, davvero tanto tempo dopo. Mi ha aiutato a chiudere davvero dentro di me la questione. Marzo non è un mese speciale per me ma in questo caso rappresenta la primavera, esprime la rinascita.

Oggi c’è il giusto equilibrio tra enigma e soluzione che canti in Blu? È il tuo colore preferito?
Il blu è il colore della profondità, della tristezza, della calma. Della dipendenza anche. Nella canzone li utilizzo per dire mischiamoci, diventiamo una cosa sola. Non ho una risposta, la canzone è stata l’inizio di una esperienza che mi ha cambiata per sempre. In quel momento tutto era positivo e penso di essere rimasta blu, anche senza avere trovato una soluzione.

Le ragazze che ti sono vicine nel video di Blu sono le tue tante personalità? O sono la sorellanza?
Entrambe le cose. Voglio creare caos, ne ho tanto dentro, ma con quell’equilibrio il caos può diventare ordine e sostegno, anche trasformandolo in arte.

Invece in Vado Giù, la cui anteprima è stata su Sky TG24, sei la sola protagonista seppure con sembianze differenti: quale Ophelia sei in questa estate?
Nessuna di di quel video. Sono nuova rispetto a quelle immagini. Sto lavorando a un nuovo video. Ripensando a Vado Giù velata non sono, ogni tanto posso essere quella chiusa in casa che sta aspettando la nuova Ophelia.

L’incomunicabilità che Italo Calvino racconta ne Gli Amori Difficili sono le stesse della tua generazione? In oltre mezzo secolo nulla è cambiato? O quasi? X e Y si stanno correndo incontro oppure la situazione è bloccata?
Non amo parlare a livello generazionale, ognuna ha i pro e i contro in base ai contesti sociali. È di più una questione soggettiva e famigliare. Ho studiato sociologia e credo che dividere per generazioni sia assurdo. Le persone si rincorrono da sempre e ogni storia è a sé. Mi sento parte di una generazione di mezzo, la mia difficoltà è che tutto è digitale, veloce, vittima della legge del consumo e tutto questo si trasmette nelle relazioni umane. La mia più grande delusione la ho avuta con un quarantaduenne. Ma vista dall’altra parte dico che quelli del passato sono vittime di dogmi famigliari e sociali che posso rilevarsi una prigione gigante.

Altri libri per l’estate?
Ora sono passata ai thriller, sto leggendo La Ragazza Perfetta. Mi piacciono i salti temporali, sono un po’ come la mia vita. Non ho in previsione letture da fenomena per questa estate.

Che accadrà nelle prossime settimane?Sto lavorando a un video per i prossimi mesi. Inizio a breve le prove del mio live con debutto a Torino il 22 settembre. Sono concentrata su quello, è il mio primo live da sola dopo tanti opening act. Ammetto che ho un po’ d’ansia. Ah, lavoro pure sul prossimo singolo.

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