Diretto dal regista britannico Ed Perkins, è un lavoro che ci mostra la vita e l’evoluzione di Diana Spencer a partire dal matrimonio con il principe Carlo fino alla morte a Parigi nel 1997. Ma lo fa in un modo nuovo, utilizzando solo immagini di repertorio girate da paparazzi, giornali e persone comuni, senza nessuna voce narrante o interpretazione. E indaga il profondo rapporto che i cittadini hanno con la monarchia
Osservare Lady Diana come se fossimo lì, a guardarla a pochi passi da lei, vederla cambiare – fra gli anni Ottanta e Novanta – attraverso immagini d’archivio e filmati di repertorio girati esclusivamente da paparazzi, testate giornalistiche e persone comuni. È questa l’esperienza che regala allo spettatore il documentario The Princess, diretto dal britannico Ed Perkins e in uscita oggi, 30 giugno, nel Regno Unito (in Italia sarà disponibile su Sky Documentaries e su Now Tv a partire dal 31 agosto, giorno in cui Lady D morì a Parigi nel 1997).
“GIRARE LA CAMERA SU DI NOI”
The Princess racconta la storia di Lady D nel periodo che va dal matrimonio con il principe Carlo all’incidente d’auto avvenuto nella galleria sotto il Ponte de l’Alma a Parigi – in cui Diana perse la vita insieme a Dodi Al-Fayed -, fino al funerale che tenne incollato il mondo alla tv mentre i figli William e Harry seguivano la bara della madre. Ma non solo: il lavoro di Ed Perkins fa sì che attraverso la vita di Lady Diana lo spettatore veda quali fossero i sentimenti e gli atteggiamenti dei media, della famiglia reale e del pubblico nei suoi confronti. “Ciò che a me interessava – ha spiegato Perkins – era dare un’immagine della personalità di Diana paradossalmente meno mediata, pur essendo una delle persone più mediatiche di sempre, in modo tale da lasciare al pubblico che vede una sua risposta, un suo ricordo, un suo spazio personale per questa storia”. Un documentario, ha detto il regista a Il Corriere della Sera, “pensato in modo che permettesse di ‘girare la camera su di noi’, sulla nostra relazione con la monarchia, con la nostra storia, anche con le celebrity. Non abbiamo ancora fatto i conti con tutto ciò. Ci sono stati eventi accaduti nella Royal family negli ultimi anni in cui si coglieva l’eco della storia di Diana. Quel che ha detto Harry dopo essersi trasferito oltreoceano credo faccia pensare: ha temuto che quanto accadde alla madre avrebbe potuto succedere alla moglie (Meghan Markle, ndr), alla sua famiglia”.
LA VERA PRINCIPESSA
Il documentario di Perkins ci mostra l’evoluzione di Lady Diana, una parabola di quella che per il popolo britannico era “The People Queen”, stretta in un matrimonio infelice, sempre nel mirino dei media, donna troppo moderna che combatteva una battaglia già persa con un’istituzione che non voleva abbandonare le sue convinzioni e tradizioni e che viveva la sua presenza come quella di un corpo estraneo. I filmati di repertorio permettono di cogliere perfettamente alcuni sguardi e il linguaggio del corpo di Lady D e delle persone che la circondano, mentre lei si trasforma da neosposa 19enne a icona di battaglie umanitarie, fino a diventare un’agguerrita donna single, un’icona di stile, un personaggio che usa quei media che tanto la tormentano per promuovere le sue battaglie. “Abbiamo capito che attingere solo a materiale d’archivio senza nessuna voce narrante, nessuna interpretazione, ci permetteva di affrontare Diana in modo nuovo – dice Perkins a Il Corriere della Sera – Dunque ho letto tutto quanto è stato scritto su lei, ho parlato con persone che l’hanno conosciuta o sono venute in contatto con lei. E poi ho cercato fonti archivistiche internazionali ma anche regionali qui nel Regno Unito. E alla fine abbiamo individuato migliaia di materiali, trattandosi della persona più filmata e fotografata per due decadi. Ho guardato ogni giorno 8-12 ore di archivio grezzo cercando quei ‘subtle little moments’, quei piccoli momenti rivelatori della vera principessa”.
IL RAPPORTO CON LA MONARCHIA
Centrale nel documentario non è solo Diana, ma anche il rapporto che i cittadini hanno con la monarchia britannica. “La morte di Diana ha tracciato una linea nella relazione tra la gente e la monarchia. Questo film è su Diana, ma attraverso Diana è sulla nostra percezione della Corona, e dunque sul dibattito sotto traccia che corre nella società britannica di oggi”, spiega Perkins a Il Corriere della Sera. Quando Lady Diana morì a Parigi, il regista aveva 11 anni: “Ricordo i miei genitori che entrarono nella mia stanza piangendo, dicendomi cos’era successo – racconta – Né io né loro l’avevamo conosciuta, abbiamo assistito successivamente a questa scena di lutto nazionale con le persone che si riversavano nelle strade come se fosse successa una tragedia che riguardava un loro familiare, una persona estremamente vicina a loro”. “Confesso – conclude il regista – che a quell’età non ero addolorato, ma ricordo di essermi sentito confuso perché non capivo perché tutto ciò stesse succedendo”.