10 anni dalla scomparsa del campione Marco Simoncelli e proprio nel giorno del suo compleanno, arriva in prima visione tv SIC, il documentario Sky Original prodotto da Sky, Fremantle Italy e Mowe
Dopo il successo al cinema, SIC è in onda giovedì 20 gennaio alle 21.15 su Sky Documentaries, disponibile anche on demand e in streaming su NOW. Il film restituisce un ritratto intenso ed emozionante di un campione unico e racconta una storia, quella di un bambino che aveva un sogno più grande dei propri limiti e che ha fatto di tutto per realizzarlo. Abbiamo condiviso il progetto con la regista Elisa Filippi.
Quando per la prima volta hai sentito parlare del progetto?
Parliamo di qualche anno fa quando Roberta Trovati, una delle produttrici, mi ha detto che aveva acquistato i diritti del libro e aveva già l’idea di portare avanti questa storia.
Sei una appassionata di motori o conoscevi Sic solo per il valore delle sue imprese?
E’ un mondo dove certe passioni ti piombano nella vita e altre le cerchi. Questa mi è arrivata perché mio padre è stato campione italiano di Rally e mio fratello è un pilota di auto. I motori sono sempre stati nella mia vita: carburazione, traiettorie, meccanici sono vocaboli per noi consueti e questo mi ha attraversato l’anima e appassionata. Essere il pilota è un mestiere difficile, è fatto di tenacia, passione e poi di team e sponsor: non basta solo la volontà del pilota, serve un equilibrio perfetto per elevarsi al meglio.
E’ stato difficile trovare il giusto equilibrio tra l’emotività e l’aspetto narrativo?
Una grande sfida. Volevamo raccontare la storia di un ragazzo che aveva un sogno. Non era un predestinato. Aveva il sogno ma le difficoltà c’erano a partire dal fisico non proprio da pilota. Quando tutto sembrava andasse per il verso giusto c’è stata la grande caduta: i due anni della sua vita sui quali ci concentriamo, dal 2006 al 2008, sono apparsi come una sceneggiatura, volevamo raccontare la sua storia in modo universale.
Io vedo Sic come a un romanzo di formazione: condividi il mio pensiero?
Sì. E’ il ragazzo non perfetto, chiunque ci si può immedesimare. Nonostante pareri discordanti è andato avanti con grande sorriso e grinta. Circondarsi di persone che ti vogliono bene, anche se non sono i tecnici perfetti, è fondamentale perché per te sono perfetti e ti ridanno fiducia.
Come avete ragionato sulla scelta dei testimoni della storia di Sic?
Non è stato facile, molti avevano cose da raccontare. In primis siamo partiti dal biennio 2006/2008 e dunque chi poteva raccontarcelo direttamente, a partire dal padre e da Mattia Pasini, l’amico di una vita. Erano amici a casa e rivali in pista. Kate ci racconta un altro lato, quello più intimo: pensiamo che un pilota sia pieno di donne, e a volte è vero, ma lui si è innamorato di questa ragazza che per lui era tutto. Lui era un ragazzo semplice. Valentino Rossi il suo idolo; Marco aveva il poster in camera, Vale è stato un punto di riferimento per una generazione. Grazie a Marco è nata anche l’Academy di Valentino.
Hai dovuto mettere insieme immagini di repertorio e immagini amatoriali: come sei riuscita ad armonizzarle?
Era importante non solo fare emergere Sic ma anche Marco. Non c’era molto di privato, in quegli anni non era ancora famoso, è diventato personaggio dopo. Ma raccontiamo il Marco giocoso, il ragazzo della porta accanto.
I momenti della vita di Sic senza immagini o testimonianze sono state rese con lo slow motion: perché questa scelta?
Per differenziare i linguaggi: la realtà la ho raccontata con l’archivio esistente ma per raccontare le emozione carpite attraverso le emozioni di chi abbiamo intervistato siamo ricorsi a ricostruzioni oniriche. Non sostituiscono l’archivio ma raccontano una cosa completamente diversa. E’ un distacco dalla realtà.
Un’altra scelta importante è stata utilizzare gli intervistati come voce narrante e non come ospiti di un progetto: quale è il valore aggiunto?
Ci piaceva l’idea di far sì che fossero loro a raccontare e che il protagonista fosse Marco. Nessuno prevale, tutti sono a sua disposizione. Loro narrano e ci accompagnano in questa storia, è quasi una voce unica a raccontare la storia.
Che suggestioni hai dato ai Mokadelic per la colonna sonora?
Sono bravissimi. Li ho scelti, e sono contenta che abbiano accettato la sfida, per il sound elettronico. Mi piaceva il film Rush come riferimento: hanno raccontato i motori col sound elettronico ma anche la parte delicata, i momenti più dolci quando è bambino con i campanellini. La musica è importante, aiuta il racconto ad avere un ritmo considerato che i personaggi non sono attori.
Hai un fratello, Luca, che è nel mondo dei motori: gli hai chiesto consigli? Seguirlo sui circuiti quanto ti è tornato utile per costruire Sic?
Tantissimo, si è rivelato un consulente speciale e fondamentale. Avevo bisogno di essere preparata a livello tecnico, dovevo conquistare la fiducia degli ospiti di Sic!. Dovevo dimostrare che avevano davanti una persona preparata. Quello che non sapevo…sapevo a chi chiederlo. Quel biennio che indaghiamo mi ha ricordato le difficoltà di mio fratello con un team: poi ha cambiato ed è risalito vincendo tutte le gare da metà campionato, ha concluso da vice-campione del mondo.
Il mondo dei motori, seppur marginalmente, lo hai già affrontato in 78 Vai Piano ma Vinci: che ricordo hai di quella esperienza, credo molto forte anche a livello personale visto che racconta il rapimento di tuo padre da parte della ‘ndrangheta.
Da una parte è facile perché hai tutte le informazioni, hai i testimoni cui chiedere tutto. Ma devi anche trovare un distacco, ed è stata la parte più difficile, per rendere la storia universale e non quella della mia famiglia. Ho cercato di non legarmi troppo ai personaggi, verso i quali avevo un affetto diverso. Ho fatto un passo indietro per avere un occhio più critico.
Hai interpretato tua madre: è stato difficile?
Non ho trovato nessuno che le assomigliasse. Era sempre vestita di bianco e non sapeva cosa stesse succedendo ma era positiva e stava a casa ad aspettare che tornasse. Con questo lavoro ho capito di più la mia famiglia.
Sul più bello è stato il tuo primo lungometraggio: ora a cosa stai lavorando adesso?
Mi piacerebbe tornare alla finzione, infatti sto pensando a un film; poi vorrei testarmi sulla serialità.
Marco aveva il poster di Valentino Rossi: tu ne hai uno?
Ho una foto di mio nonno perché era una persona che mi ha ispirato tantissimo, sempre positiva e piena di entusiasmo, mi ha insegnato che se vuoi qualcosa devi lottare. E che ogni traguardo è una nuova partenza.