Dominique Devenport, diventare Sissi

Dominique Devenport, diventare Sissi

La prima volta che ho indossato il costume dell’imperatrice Sissi e mi sono guardata allo specchio ho pensato: se da piccola avessi saputo che un giorno l’avrei interpretata sarei impazzita di gioia. A 4 anni il mio sogno era diventare una principessa, indossare abiti sfarzosi e abitare in un castello».

Dominique Devenport, 25 anni, scherza mentre mi racconta l’emozione di incarnare una delle regnanti più amate dallo showbiz, da quando nel 1955 Romy Schneider, appena 17enne, la interpretò nel romanticissimo biopic che la rese istantaneamente una star planetaria. Durante queste Feste, oltre alla probabile replica di quel film d’antan, debutterà su Canale 5 la serie Sissi, prodotta da Beta Film, rilettura in chiave contemporanea della vita di Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach, nata duchessa di Baviera e diventata imperatrice dopo il matrimonio con Francesco Giuseppe I (nella serie interpretato da Jannik Schümann). Intanto Netflix prepara la propria versione della vicenda con lo show The Empress, che debutterà nel 2022, e al cinema la principessa sarà presto incarnata da Vicky Krieps, vista nelle scorse settimane in Sull’isola di Bergman. Il successo di Sissi (in realtà il soprannome era Sisi) è dovuto anzitutto alla sua incomparabile bellezza: vanitosa e consapevole di possederla. Cresciuta senza i formalismi dell’aristocrazia e quindi dal carattere libero e insofferente alle regole, Elisabetta ebbe difficoltà ad adattarsi al rigido protocollo della vita di corte a Vienna. «In un certo senso si potrebbe paragonare Sissi a Lady Diana», spiega Devenport quando la incontro per la prima mondiale al festival Canneseries «perché anche lei è stata catapultata in una famiglia e in un palazzo in cui contava il suo ruolo e non più chi fosse veramente.

Entrambe hanno lottato per il diritto di essere normali, imprigionate com’erano in una soffocante gabbia dorata. Me la sono immaginata come una pantera che gira e gira nervosamente perché vorrebbe fuggire, ma non ci riesce».

Come si è calata in questo stato d’animo?
«Non è stato troppo difficile, anche io sono uno spirito libero: non mi è mai piaciuto sentirmi dire che cosa devo fare e spesso quando qualcuno mi dà dei consigli il mio carattere ribelle mi suggerisce di fare l’esatto contrario».

Chi era veramente Elisabetta?
«Una ragazza semplice, che amava molto il contatto con la natura e lo sport. Arrivata a Vienna, si sentiva molto sola. Iniziò a commettere errori di etichetta, ma quella debolezza si rivelò la sua forza: solo sbagliando si può maturare».

Come si è preparata?
«Ho visto documentari, ascoltato podcast e letto biografie, ma anche le tante poesie che ha scritto appena quattordicenne (colpita dalla prematura dipartita del suo primo amore, uno scudiero del padre, il duca Massimiliano, ndr.) rivelando la propria anima. Ho preso lezioni di etichetta, di danza, di cavallo. Ma per me è contato di più l’aspetto psicologico: quando Sissi aveva 15 anni conobbe Franz ed è noto che non riusciva neanche a sostenerne lo sguardo. E aveva paura anche delle attenzioni che le venivano riservate dai curiosi. Al di là del romanticismo del suo matrimonio, ho provato a pensare che cosa potesse voler dire diventare imperatrice a soli 17 anni».

Come ha ottenuto il ruolo?
«Un colpo di fortuna. Ho raccontato a un amico che mi immedesimavo molto in Sissi senza sapere che lui, il giorno dopo, avrebbe incontrato la direttrice del casting della serie. Così ha fatto il mio nome. Quando ho avuto la parte, un po’ mi sono preoccupata: si prendevano una bella responsabilità ad affidarsi a un’attrice relativamente inesperta…».

Ho visto che prima d’oggi aveva recitato in Treno di notte per Lisbona con Jeremy Irons.
«Me lo chiedono tutti, ma in quel film pronunciavo una sola battuta. È stata una bella esperienza, ma non ho potuto imparare molto».

Come ha iniziato a recitare?
«A Lucerna ero in un coro, perché mi è sempre piaciuto cantare. Un giorno a 10 anni per un’opera lirica cercavano due bambine per interpretare le sorelle della protagonista: dovevo solo correre in palcoscenico un paio di volte, ma mi è piaciuto tantissimo e ho cominciato a fare teatro. Alla fine ho deciso di fare l’attrice e ho studiato recitazione alla Otto Falckenberg Schule di Monaco».

Le pesa il possibile paragone con Romy Schneider?
«A dire il vero no. Ho visto i suoi film solo dopo aver ottenuto la parte. Penso che la nostra versione della storia di Sissi possa coesistere con i classici, anche perché è meno idealizzata e più realistica. Quella di Elisabetta è una storia di emancipazione femminile che risuona in maniera molto potente e reale nel mondo di oggi».

VanityFair.it

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