Serena Grandi: “Ho una cicatrice terribile. Neanche un serial killer la farebbe così”

Serena Grandi: “Ho una cicatrice terribile. Neanche un serial killer la farebbe così”

“È una cazzata pensare di accettarsi come si è quando gli anni passano. La vecchiaia non è una bella cosa, ti cambia e non riconosci più il tuo corpo che appare come un estraneo”. Non ha mezze misure, Serena Grandi, icona sexy del cinema italiano anni Ottanta. Nella sua biografia epistolare “Serena a tutti i costi. Lettere di una vita mai inviate (Giraldi Editore)”, da poche settimane in libreria, rivela il rapporto conflittuale con un fisico desiderato da migliaia di uomini e invidiato spesso dalle altre donne.

“Non mi piaccio più. In casa ho tolto tutti gli specchi e se sono in un hotel li copro con i teli da bagno. Per truccarmi uso un piccolo specchietto da borsetta”, ci dice. L’attrice in queste pagine, attraverso la formula di lettere immaginarie, ha messo tutta se stessa, come se fosse un film in bianco e nero da rivedere al rallentatore, tra successi ed esperienze dolorose, passando per il tumore al seno con la quadrantectomia e la chirurgia estetica che spesso, se non affidata a mani esperte, rischia di essere un disastro. “Sulla mia pancia ho una cicatrice orribile. Mi hanno dato un centinaio di punti di sutura, come se avessero giocato al chirurgo con una bambola. Neanche un serial killer farebbe dei tagli così. Quando mi guardo, piango ancora”.

Nel testo ricostruisce la sua adolescenza. Com’era Serena ragazzina?

“Ero ingenua, anche se a dodici anni ero già formosa, con un seno immenso e mia madre Mina non riusciva a trovarmi reggiseni adatti. In pratica ero già una donna, anche se inconsapevole della mia bellezza, nonostante mi atteggiassi da grande e portassi calze velate e persino il reggicalze. Quando camminavo avvertivo lo sguardo degli uomini su di me. Ho cominciato a rendermi conto del valore del mio corpo quando mi sono trasferita a Roma per inseguire il sogno di fare l’attrice”.

Quando ha deciso di far ricorso alla chirurgia estetica?

“È stata la prima cosa che ho fatto arrivando nella capitale da Bologna. Ho chiesto come regalo a un produttore, allora fidanzato, un ritocchino al seno un po’ cadente per via di qualche dieta di troppo. Era un “po’ sfatto”, come diceva Tinto Brass, che però, sempre a suo dire, lo trovava molto più bello e sexy di quello di una donna rifatta. Scelsi un chirurgo di una clinica lussuosa e gli dissi con un pizzico di ironia: “Vorrei ridurlo e tirarlo su perché non vorrei interpretare solo ruoli da tettona”. Lui fu molto bravo, fece delle piccole incisioni e me lo rimodellò. Dopo la nascita di mio figlio Edoardo ho fatto un altro intervento di riduzione, perché a seguito della gravidanza e dell’allattamento era notevolmente esploso. Il resto è l’inizio di un calvario”.

Ci racconta cosa è successo?

“Gli autori di un noto programma televisivo mi propongono di fare un intervento di lipofilling al seno – un riempimento con il proprio tessuto adiposo – in diretta. Allo stesso tempo ci sarebbe stata anche una riduzione della pancia. Ogni momento sarebbe stato ripreso per poi commentarlo in studio, attraverso clip, interviste, resoconti. Tutto dietro un compenso di circa trentamila euro. Per me era un periodo duro, avevo avuto da poco il fallimento del mio ristorante La Locanda di Miranda a Rimini e ho pensato di accettare”.

Se tornasse indietro, lo rifarebbe?

“Assolutamente no. È stato un errore, forse uno dei più grandi. Per via di un ritardo della diagnosi ho rischiato di compromettere la mia salute. Il medico avrebbe dovuto fare una mammografia prima di operarmi e di certo avrebbe individuato il tumore che avevo sotto il seno sinistro, allo stato iniziale. Invece sono stata all’oscuro di tutto per mesi, finché una voce che sentivo dentro mi ha portata all’ospedale di Rimini e lì è stato individuato un nodulo grande quanto una pallina da ping pong che è stato poi asportato. Sono certa sia stato un aiutino di mia madre che è sempre stata contraria agli interventi di questo tipo e che anche dal cielo non mi ha mai abbandonata. Era il 2017 e ancora porto i segni di questo pasticcio e anche la mia pancia è inguardabile”.

Che consiglio si sente di dare alle altre donne?

“Quello che scrivo nel mio libro attraverso i P.s. – post scriptum: state in guardia e vogliatevi bene, anche se non siete perfette. E soprattutto ricordate di fare prevenzione che, nella maggior parte dei casi, salva la vita”.

Il titolo del libro, che gioca col suo nome, può essere interpretato tanto come un punto di arrivo quanto come un obiettivo. Lei a che punto del cammino è?

“A buon punto. Mi sento serena perché ho accanto a me quello che più conta, l’affetto di mio figlio Edoardo, delle mie amiche, anche quelle di una vita, dei miei due cani. Ho la fede che mi supporta e credo che la serenità sia fatta di piccole cose”.

Isa Grassano, ilgiornale.it

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