Valerio Lundini, il successo dell’impostore

Valerio Lundini, il successo dell’impostore

Roberto Bolle lo ha chiamato nel suo show di inizio anno, ma lui resta umile: mentre porta in giro per l’Italia il suo spettacolo Il mansplaining spiegato a mia figlia, ci racconta di amici, fidanzata e Natali passati

Il mansplaining è l’atteggiamento paternalistico di alcuni uomini che tendono a spiegare a una donna qualcosa di ovvio, o qualcosa di cui lei è esperta. Quindi, se uno intitola il suo show Il mansplaining spiegato a mia figlia, o è un pazzo o è Valerio Lundini. Trentacinque anni, romano, gavetta con Lillo e Greg e Nino Frassica, non sai mai se ti prende in giro o parla sul serio. Tra le mille difficoltà della pandemia – l’ultima una quarantena cautelativa che lo ha tenuto chiuso in casa gli ultimi 10 giorni – ha ripreso le date della tournée (sold out quest’estate), di nuovo già tutte esaurite. È la rivelazione dell’anno: dopo il successo, in seconda serata su Raidue, di Una pezza di Lundini, l’apparizione a Sanremo con Fulminacci, la raccolta di racconti Era meglio il libro (Rizzoli Lizard) e gli spettacoli dal vivo, ora arriva il salto: lo show di inizio anno di Roberto Bolle su RaiunoDanza con me. «Non ho la smania di essere ovunque e a tutti i costi», mantiene un profilo basso Lundini. «La vivo come una delle cose che faccio, che ho trovato divertente e mi piaceva».

Le faccio una domanda alla Lundini: come ha reagito al successo della sua graphic novel su Netflix, nonostante il romanesco?
«Eh! Non l’ho fatta io. Ho visto la serie di Zerocalcare e il successo lo merita, perché lui è un vero fumettista. Io non disegno professionalmente da un sacco di tempo. Non ho più tempo».

Ormai è una star: questo è stato il suo anno, tra il trionfo in tv, il libro, la comparsata a Sanremo… C’è chi la definisce «l’enfant prodige della comicità italiana». Le piace questa definizione?
«“Prodige” mi sembra una cosa positiva. “Comicità italiana”, visto che lavoro in quell’ambito, me lo prendo. Però “enfant” è un po’ in ritardo di almeno quindici anni. Ho 35 anni, che è l’età in cui le persone hanno i figli grandi».

Lei non ci pensa, a farne?
«No, per ora no. Magari settimana prossima».

È fidanzato, vive con qualcuno, è single…?
«Con una donna, da circa un anno. Prima stavo con mamma, papà e fratello».

È legato alla sua famiglia?
«Molto. E ho sempre adorato il Natale: preferisco il freddo al caldo, il vestiario generale delle persone è meglio adesso che ad agosto, mi piacciono i film che fanno a Natale…».

E fine anno? In un suo racconto scrive: «Non ho mai amato le feste di capodanno». 
«Il problema è che lo associo a fare troppo tardi la sera, andare a casa di sconosciuti, al bisogno di accoppiarsi da parte di alcuni – e sempre con scarsissimi risultati –, al rimanere imbottigliati in macchina con persone che sparano botti, tutte cose che mi danno i nervi. Mi spavento come i cani».

Quest’anno sa già dove sarà?
«Forse c’è una data in Puglia con la mia band, i VazzaNikki. Un brindisi a Brindisi».

E invece che cosa farà a Danza con me, con Bolle?
«Non so, io ho girato cose, però verificate».

In che senso?
«Ora io dico “abbiamo fatto questo e quello”, ma poi magari non c’è perché è venuta una chiavica, ovviamente non a causa di Bolle, ma mia…».

Chiariamo: lei non balla.
«Non ballo. Invece lui sì, lui è bravo».

Perché, allora, questa insicurezza?
«Quando mi hanno chiamato, onestamente, non sapevo che cosa avrei potuto fare da Bolle, perché se vado da qualche parte devo scrivere qualcosa. Ho la sindrome dell’impostore, penso sempre di aver finito le idee e soprattutto non credo che se vado lì, solo con la mia simpatia, porto a casa la pagnotta. Poi però ho scritto una canzone semi swing e sarà forse la chiusura del programma».

Oltre a questo?
«Ci sono dei momenti di backstage tra me e Bolle mentre fa le prove, dei momenti in cui sto dietro le quinte a vedere lo spettacolo».

Che tipo le è sembrato Bolle?
«Da quel poco che ho visto mi sembra una persona per bene. Ho sempre grande stima per chi fa quel tipo di vita, più vicina a quella militare che a quella dell’artista o della rockstar. Bolle non è uno che fa il suo lavoro alla Scala e poi va a ubriacarsi, per dire. Mangia con dei regimi ferrei. Ha dei muscoli che io ho visto solo addosso ad alcuni supereroi disegnati da fumettisti americani abbastanza estremi, quelli che vogliono sempre mettere dei muscoli in più. Bolle ha dei muscoli sui piedi. Quindi sono contento che una persona con un fisico del genere abbia dedicato la sua vita alla danza e non al crimine».

Come vive il salto alla prima serata su Raiuno?
«Spero di essere comprensibile, a volte temo di essere autoreferenziale pensando a quello che diverte me e i cinque amici».

Sono loro i suoi primi critici?
«Anche. Ho coinvolto nel mio lavoro Valerio e Matteo, un autore e un regista, perché sapevo che poi li avrei chiamati comunque per chiedere consiglio. Quindi ho detto, stipendiamoli, paga la Rai… Ora sono miliardari, come me. Uno si è comprato una pantera, viva. La tiene in terrazzo».

C’è chi si è offeso perché non è stato invitato al programma?
«Mi è capitato di lasciare fuori delle persone, ma se è successo è perché non avevano senso nel programma indipendentemente dalla loro qualità artistica. Ha più senso che io intervisti persone lontane dal mio mondo, come Mario Draghi, piuttosto che Calcutta, che si può pensare che ci conosciamo, come è».

Ha invitato i Måneskin.
«Ci siamo incontrati a Sanremo. Erano comunque lontani dal mio mondo musicale».

Ha molti fan tra i ventenni.
«Si è creato il falso mito di un programma che parlava alla generazione Z, che non conosco. Dei ragazzi dell’Università di Bari a un certo punto mi hanno chiesto: come descriveresti Valerio Lundini a un quarantenne? Io gli ho detto: quarant’anni ce li ho io domani. Loro: i nostri genitori non capiscono la tua comicità… La verità è che uno più anziano vede dieci minuti del programma, non capisce cos’è, cambia canale. Un ragazzo col cellulare va a vedersi i video su Raiplay o YouTube, ce ne sono una serie, ci sono i commenti, c’è un contesto, capisce e inizia a seguirlo».

«L’aspetto più interessante di Una pezza di Lundini è il disvelamento metafisico dell’inadeguatezza». Lo ha detto Aldo Grasso: quanto è d’accordo da 1 a 5?
«Non so che significhi “metafisico”. Ma se lo ha detto lui: 4,5».

Non 5?
«No, perché ci sono anche altre cose, oltre all’inadeguatezza».

Tornerà in tv la Pezza?
«Se ne parla».

Per il momento la possiamo vedere nei teatri di tutta Italia. Il mansplaining spiegato a mia figlia è un gioco di parole che fa la parodia della misoginia. Si sente femminista?
«A volte dico delle cose credendo di essere femminista, però poi sono cose normali. E altre cose che credo essere normali e invece sono maschiliste. La parodia di determinati meccanismi mentali nasce da quello che sento intorno, però spesso mi basta attingere a lacune e difetti della mia personalità, che fortunatamente noto. Spesso ho detto cose agghiaccianti sulle donne, ma me ne sono accorto. Quindi femminista no, credo che le donne siano persone come noi, con pregi e difetti».

VanityFair.it

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