Non sarà sicuramente come ascoltarlo dal vivo, ma in attesa di un tour mondiale, è un bel vedere il lungometraggio ‘the Legendary 1979 No Nukes Concert’ di Bruce Springsteen e della E street band, sintesi delle due esibizioni all’evento di beneficenza contro il nucleare Muse.
Dopo l’incidente del 28 marzo del 1979 alla centrale di Three Mile Island, vicino a Harrisburg in Pennsylvania, Jackson Browne, Graham Nash, Bonnie Raitt e John Hall si erano uniti nel collettivo Muse (Musicians United for Solar Energy) per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’utilizzo dell’energia pulita al posto del nucleare. Di lì nacquero i concerti al Madison Square Garden di New York, cui parteciparono, appunto, star come Springsteen, che all’epoca stava componendo l’album ‘The River’ e aveva appena chiuso il ‘Darkness Tour’ del 1978.
Dai concerti derivarono un album triplo e poi un film, ‘No nukes’, del 1980, dove però ci sono solo i live dei brani ‘The River’, ‘Thunder Road’ e ‘Quarter to Three’. Il Boss infatti, all’epoca, come ha raccontato a ‘Rolling Stone’, non amava essere ripreso, e quelle tre ore di musica, frutto di due serate live, sono rimaste nascoste fino a oggi. Per fortuna ha cambiato idea e dal 19 novembre il film – 90 minuti con 10 performance inedite – verrà pubblicato in Hd e sarà poi disponibile sulle piattaforme di streaming dal 23 novembre. Realizzato dal collaboratore di lunga data di Springsteen, Thom Zimny, a partire dalla registrazione originale del concerto in 16mm e con il remix audio curato da Bob Clearmountain, il film non è solo un prezioso documento di un periodo d’oro della band, ma un concentrato di energia che si sviluppa in un vertiginoso crescendo. Certo, le riprese non sono quelle cui siamo abituati oggi, ma non c’è bisogno di montaggi serrati per restare inchiodati allo schermo: come dice il noto produttore cinematografico Jon Kilik, che ha lavorato nella troupe televisiva dei concerti e ha scritto le note di copertina, “la magia era nell’aria. L’energia sul palco e dalla folla era oltre misura e descrizione”. “È uno spettacolo di rock puro dall’inizio alla fine, – aggiunge Jon Landau, storico manager di Springsteen – il livello di energia è trascendente e la padronanza dell’arte della musica rock live lascia tutti a bocca aperta”. Una maratona che parte quasi in sordina e si accende con ‘Jungleland’, quando Springsteen sale sul piano per suonare, le versioni live di ‘Born to run e ‘Thunder Road’, l’anteprima di ‘The river’, le cover di ‘Rave On’ di Buddy Holly, la versione di ‘Stay’ cantata insieme a Jackson Browne, Tom Petty e Rosemary Butler, e il ‘Detroit medley’. Canzone dopo canzone, Springsteen entra sempre più nella musica, nello show: balla, si apre la camicia, riceve una torta per il suo compleanno e la tira al pubblico, crolla come svenuto dopo ‘Quarter to Three’, si fa rimettere in piedi e sventolare dai colleghi di palco Clarence Clemons e Steven Van Zandt e scherza ‘Ho 30 anni!”.
Oggi ne ha 72 e, dopo la serie di concerti ‘Springsteen on Broadway’, terminata il 4 settembre, cresce l’attesa per l’annuncio di un prossimo tour mondiale legato all’ultimo album ‘Letter to you’.
Gioia Giudici, ANSA