Rubini, amo i film veri, oggi sono prodotti da banco

Rubini, amo i film veri, oggi sono prodotti da banco

C’è Sergio Rubini sulla Montee des Marches a Cannes, coprotagonista di The Story of My Wife della regista ungherese Ildiko Enyedi, in concorso per la Palma d’oro. Un red carpet con defezioni: la protagonista Lea Seydoux, positiva al Covid, rimasta a Parigi, e Jasmine Trinca rimasta in Italia a preparare le imminenti riprese del suo film d’esordio Marcel! con protagonista Alba Rohrwacher. Attesi oltre a Rubini il protagonista Josef Hader e Louis Garrel.

Sono l’anima nera del film, il personaggio che fa scattare la storia perché solletico il protagonista, un capitano di lungo corso, a sposare la prima donna che farà ingresso nella taverna del porto che frequenta“. Ed è così che il capitano Jacob Storr si ritrova, in un appartamento di Parigi negli anni ’20, con Lizzy (Seydoux), la sua giovane, avvenente e misteriosa sposa. Diventa una storia d’amore devastante che consuma il marinaio: “E’ un film – aggiunge all’ANSA Rubini – sull’inadeguatezza di ognuno di noi rispetto all’amore.La regista lo definisce una meravigliosa lettera d’amore a tutti gli uomini imperfetti, io aggiungo scritta a tutti gli uomini imperfetti da donne imperfette“. “Non è certo la prima volta che mi capita di interpretare personaggi loschi, ambigui, equivoci, io non credo di esserlo. Anche violenti, quando io non sono tipo di alzare le mani: è la dimostrazione che il cinema – dice Rubini – ti offre la possibilità di essere chi proprio non sei“.

Tratto dall’omonimo romanzo di Milan Fust, in concorso batte bandiera francese ma si tratta di una coproduzione europea con Ungheria, Germania e in cui partecipa anche l’Italia con la Palosanto e il sostegno di Rai Cinema ed uscirà anche da noi. Nel corso della storia “il capitano diventa un ‘principe’, la sua sofferenza amorosa lo eleva, mentre io – prosegue Rubini – mi realizzo negli affari e quando lui saprà fare a meno della sua ombra nera ossia di me sarà un uomo migliore“. L’attore parla del cinema che ama, “quello d’autore, artigianale, originale. Oggi essere autori non va più di moda, tutto va ad omologarsi, ci sono serie tv che hanno anche registi diversi e devono assomigliarsi uno con l’altro per non far cambiare impronta alla serie. I film per lo più oggi sono prodotti, prodotti da banco per le piattaforme, per me è una mazzata terribile. Anche per motivi anagrafici io mi riconosco in un cinema diverso, di qualche anno fa e quando mi sono trovato sul set con la Ildiko Enyedi, con la sua passione artigianale, sono stato felice. Il regista per me è autore di prototipi non di prodotti”. Il suo nuovo dietro la macchina da presa, il 14/o sin dal prezioso esordio nel 1990 con La Stazione, è I Fratelli De Filippo, la storia di una famiglia dove il teatro coincide con la vita e le sue ferite, tra figli ‘illegittimi’ come si diceva una volta e il palcoscenico sotto la grande ombra di Eduardo Scarpetta. Il film è pronto e chissà che non arrivi al Lido. Come attore invece è impegnato con Inferno, le visioni dell’artista Mimmo Paladino in cui è uno dei Re Magi con Alessandro Haber e Francesco De Gregori, mentre Laurie Anderson sarà un Lucifero un po’ rockstar.

Rubini non è al debutto a Cannes: l’occasione di The story of my wife lo fa tornare indietro nel tempo, “quando venni con Federico Fellini e Giulietta Masina per L’Intervista, 1987. Mi diedero la stanza al Carlton, era di un tale lusso che dormii vestito sul letto per non rovinare questa armonia e la mia emozione. E dopo la proiezione del film ci offrirono una cena nel roof dell’hotel, menu nouvelle cousine. Quando uscimmo, sollecitati da Tonino Delli Colli, finimmo tutti e quattro ad ordinare spaghetti in camera. Di Cannes ho anche quest’altra immagine: Martin Scorsese che in ginocchio sul red carpet aspetta Federico”. La prova di Margherita Buy in Tre Piani di Nanni Moretti è stata lodata: i due dopo la separazione (sono stati sposati per 20 anni) continuano ad incrociare le loro vite nel cinema. “Ogni premio a Margherita, una grandissima attrice, mi emoziona. L’ho conosciuta in un teatro a Roma a 20 anni, la vidi recitare e suggerii al mio agente di andarla a vedere e la prese. Sono stato il suo promoter – scherza – e il mio innamoramento nacque da una grande ammirazione artistica. Continuiamo a dirci tutto come in passato, ma abbiamo fatto un accordo: non parliamo mai di Nanni Moretti. A quel che ho capito lui non vuole”, dice lasciando il dubbio se sia uno scherzo oppure una tipica rigidità morettiana.

ansa.it

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