Dopo la vaccinazione molte aziende chiedono il rientro in sede per riprendere il lavoro in presenza. Ma la casa è diventata una bolla di comfort che ha modificato il senso dello spazio e del tempo
Lo smart working ha cambiato il modo di lavorare, ma soprattutto di concepire il tempo e lo spazio. È per questo che, ora che il Covid fa meno paura e le attività tornano in presenza, le aziende richiamano in sede i lavoratori. Ma, secondo un’indagine condotta dalla Uil, almeno per la metà non vogliono rientrare.
Smart working? Preferisco lavorare da casa
Avendo vissuto un allontanamento dalla realtà per così tanto tempo, la casa è diventata una bolla di comfort che ha modificato il senso del tempo e dello spazio e, in molti, oggi soffrono di quella che viene chiamata, a seconda, sindrome della capanna, della grotta, del prigioniero, ovvero quella sensazione emotiva mista di paura, insicurezza, ansia che provoca uno stato di smarrimento e implica la voglia di continuare a rimanere al sicuro nel proprio rifugio.
“Sindrome della capanna”, lasciateci nella comfort zone
Al di là della “sindrome della capanna”, che ricordiamolo è una condizione particolare, che non può essere definita disturbo o patologia, visto che non manca di letteratura e casistica, tornando al modo di lavorare e ai cambiamenti che esso ha subito con la pandemia, secondo quanto hanno rilevato i vertici della Uil a Milano e in tutta la Lombardia, il modello smart working è ciò che le persone preferiscono di gran lunga.
Nel settore bancario e assicurativo, secondo quanto rilevato dalla Uilca, cioè il sindacato, i colletti bianchi che eviterebbero di tornare in ufficio, si aggirano intorno all’80 per cento e, le aziende del settore chimico e farmaceutico, hanno già indicato l’opzione del lavoro da casa come elemento contrattuale.
Smart working, una nuova gestione del lavoro
A seguito della campagna vaccinale, ovviamente, la richiesta di molte aziende ai proprio dipendenti di rientrare in ufficio e riprendere le attività in presenza, si è fatta più insistente, ma i lavoratori chiedono invece di poter restare a lavorare a casa.
Il problema questa volta, però, non è legato solo a condizioni di comodità rispetto all’organizzazione della vita. Ma la richiesta dei lavoratori di proseguire con il lavoro agile, dipende anche dai motivi di benessere psicologico e le aziende dovranno tenere conto del cambiamento in atto della gestione del lavoro.
Il Covid ha modificato tutto e il lavoro certo non resta fuori da questa rivoluzione in cui ci ha catapultati la pandemia e le sue conseguenze.
(Viola Rigoli)