“Quando uno ha un sogno, un progetto, non esiste un piano B, c’è solo un piano A, dove investire tutte le energie”: nelle parole di Stefano Accorsi è riassunto tutto il suo percorso umano e professionale, condensato nel volume fotografico ‘Album Stefano Accorsi’, dove Malcom Pagani ha trasferito su pagina i lunghi messaggi vocali “che avrebbero fatto impallidire anche Tommaso Paradiso” pieni di aneddoti e racconti di un ragazzo che da bambino aveva la foto di Paul Newman come un santino sul comodino e che oggi, a 50 anni tondi, sente di essere nel “periodo della vita più creativo in assoluto tra cinema, teatro e serie”. Un successo che l’attore bolognese condivide con gli altri: saranno interamente donati alla famiglia Regeni i proventi della vendita del libro edito da Gruppo Editoriale, che ha una fascetta gialla con la scritta ‘Verità per Giulio Regeni’. Il 14 ottobre si aprirà a Roma il processo agli agenti egiziani per il sequestro e la morte del giovane ricercatore friulano “e per i genitori, che abitano in Friuli – spiega Accorsi, presentando il libro all’Armani Silos di Milano insieme a Pagani – sarà oneroso fare avanti e indietro, mi sembrava doveroso dare una mano”.
Anche perché “l’essenza di questo mestiere – dice – è essere sempre all’ascolto di ciò che ci accade intorno”. A livello personale, arrivato a 50 anni, Accorsi sente che “capire che a volte gli ostacoli sono un’opportunità richiede un po’ di lavoro, io per esempio venendo da una famiglia stabile non ero abituato a un lavoro precario, e solo con il tempo si trova un equilibrio. Ora riesco a divertirmi anche con gli imprevisti, tanto anche se pianifichi le cose arrivano da dove non te lo aspetti”. Così succede sempre sui set di Ferzan Ozpetek: durante la lavorazione di ‘Le fate ignoranti’ Margherita Buy rimase incinta, e il regista decise – è uno degli aneddoti raccontati nel libro – che anche il suo personaggio lo sarebbe stato, come ultimo dono del marito. Idem per il bicchiere che Accorsi avrebbe dovuto spaccare e che non voleva saperne di rompersi: doveva simboleggiare un rapporto finito, ma di fronte a tutti quei tentativi andati a vuoto, Ozpetek capì che non era così che la storia doveva andare. Tra gli imprevisti, anche alcuni pericolosi, come la coltellata rimediata da Giovanna Mezzogiorno in una delle scene cult del film generazionale ‘L’ultimo bacio’: “eravamo arrivati alla scena con un’ansia micidiale che è finita – ricorda oggi l’attore – nel film”.
Dall’esordio con Pupi Avati al successo con film come Radiofreccia e Romanzo Criminale, il libro non trascura gli anni parigini: “avevo 32 anni e una pila di copioni, mi proponevano ruoli da quindicenne o da anziano, ho preferito ricominciare a guardare il mondo senza essere guardato”. E la crisi: “in 9 anni ho fatto 3 film in Italia, ho pensato che non sarebbe più tornato il momento in cui avevo solo da scegliere”. E invece poi sono arrivati 1992, 1993 e 1994 e no, non ci sarà 1995, “perché il governo tecnico Dini – scherza Accorsi – non ci pareva sexy” ma ci sarà un nuovo progetto per Sky prodotto da Cattleya, due film prodotti da Matteo Rovere, e il teatro, a partire dalla direzione artistica de La pergola di Firenze. E poi la vita, e i pensieri, quelli scaturiti dal mese del Pride (“i no aiutano a crescere, ma anche i sì e i genitori lo dovrebbero tenere a mente”) a quelli sulla società di oggi: “è successo un putiferio per quello che ha scritto Madame, ma una volta gli spigoli dei caratteri potevano esistere con maggior serenità, viviamo – è la sua riflessione – nell’era del giudizio, che condiziona anche la politica, e dobbiamo stare attenti”.
Gioia Giudici, ANSA