Arriva finalmente al cinema con Officine UBU oggi 10 giugno Fellinopolis, il film di Silvia Giulietti con le immagini inedite dei set di Federico Fellini girate da Ferruccio Castronuovo, che ci mostra il grande regista immerso nel suo mondo.
Fellini è morto, viva Fellini! E viva Silvia Giulietti, che lo riporta al cinema dal 10 giugno, dopo la sospensione dovuta alla chiusura forzata dei cinema, con Fellinopolis, un documentario che riesce nella difficile impresa di mostrarne aspetti ancora non del tutto sviscerati dalla impressionante mole di testimonianze, scritte e filmate, sul maestro riminese, di cui nel 2020 ricorreva il centenario della nascita. Grazie alla coraggiosa e meritoria acquisizione del preziosissimo archivio di Ferruccio Castronuovo, autore di fondamentali backstage che documentano la storia di molti grandi del cinema italiano sul set dei loro film più importanti, da Sergio Leone a Nanny Loy, nonché unico ammesso su quelli di Fellini – Giulietti, praticamente nata nel cinema, operatrice di macchina, montatrice, direttrice della fotografia, produttrice e documentarista vicina ai più grandi, ci regala un imperdibile incontro col nostro regista più visionario, mostrandoci il vivacissimo caos all’interno del suo Teatro 5 a Cinecittà.
L’idea iniziale risale al 2007, quando però Silvia Giulietti non si sente ancora pronta per affrontare un mostro sacro su cui è stato come dicevamo sopra detto e fatto di tutto, a arriva a compimento dopo tredici anni, superate le remore con la maturità professionale, dopo un iniziale e sperato coinvolgimento di Martin Scorsese, impegnato su altri fronti, e un piano B che diventa l’unico praticabile e che vede il completamento e la presentazione di Fellinopolis alla Festa del cinema di Roma 2020. Poi, la chisura dei cinema e un nuovo rinvio, con il film costretto ad uscire un anno dopo quello previsto. Ma è valsa la pena di aspettare. Giulietti e i suoi collaboratori hanno affrontato un lavoro complesso di scelta e digitalizzazione in 4k, tra centinaia di bobine in pellicola, di cui sono stati visionati e ripescati anche gli scarti di lavorazione, a cui si aggiungono interviste mai banali e prodighe di affetto e di aneddoti, con alcuni dei più stretti collaboratori di questo giocoso ed eterno bambino: il costumista Maurizio Millenotti, Lina Wertmuller – la cui collaborazione con Fellini è ignota ai più -, il compositore Nicola Piovani, lo scenografo Dante Ferretti, lo stesso Castronuovo, la sua storica segretaria di edizione Norma Giacchero. A introdurre e separare in vari capitoli gli argomenti e i film di cui si parla (tra cui 8 e 1/2 e Amarcord, ma soprattutto, grazie ai materiali inediti, La città delle donne, E la nave va e Ginger e Fred) ci sono poi le bellissime grafiche e animazioni di Luca Siano, che riproducono perfino un funerale “alternativo” di Fellini.
Fellinopolis – montato da Giulietti e Antonello Basso, con le belle musiche di Rocco De Rosa – ci porta proprio all’interno della polis, del mondo del regista e ce lo restituisce vivo nel suo inestricabile mistero umano che continua ad affascinarci ancora oggi: lo vediamo in azione, cinico e lezioso, ruffiano e seccato, malizioso e gentile, corteggiatore e guitto, adolescente goliardo e bugiardo, ma soprattutto gran direttore di un’orchestra nata dai suoi sogni e dal suo immaginario che si incarna in una marea di facce, situazioni e miracoli tecnici grazie alla appassionata dedizione al lavoro delle maestranze di Cinecittà, felici anche solo di far muovere a forza di braccia treni, navi e oceani di plastica ricreati dalla sua fantasia e che risultavano sullo schermo più veri del vero.
Fellini grande seduttore
Di Federico Fellini seduttore di donne si è scritto e detto di tutto, ma quello che è evidente alla visione di Fellinopolis è quanto fosse indistintamente galante con tutto il sesso femminile e quanto si sia divertito nel dirigere a bacchetta, sul set di La città delle donne, i cori femministi di centinaia di comparse contro il personaggio di Marcello Mastroianni, che appare a tratti davvero intimorito. Ma la sua seduttività non era rivolta solo alle donne: era capace di far sentire fondamentali tutti i suoi collaboratori con una battuta, un consiglio e una richiesta di aiuto e quei vezzeggiativi che in bocca ad un altro sarebbero suonati falsi e stucchevoli ma che facevano capire al destinatario quanto il regista contasse su di lui. L’allegro caos dei suoi set, in cui le persone a volte venivano “sequestrate” all’interno del Teatro 5 come i membri della giuria in un importante processo criminale, rivive davanti agli occhi dello spettatore in Fellinopolis, facendogli rimpiangere di non esser stato uno dei tantissimi visitatori che all’epoca si recavano a curiosare a Cinecittà e a rendere omaggio al maestro, molti di loro con la speranza, chissà, di esser notati e chiamati a far parte del cast del suo prossimo film.
l sognatore di volti
Si sa moltissimo anche dei volti dei film di Fellini, quelle facce strane, particolari, assurde e inconfondibili, su cui il regista aveva vere e proprie fissazioni e che, unite a corpi giganteschi o minuti davano vita ai personaggi così come lui li aveva sognati e disegnati. Innamorato dell’umanità, era capace di offrire ruoli importanti a non attori, che dirigeva sul set con pazienza infinita, anche se talvolta lo facevano innervosire. In Fellinopolis vediamo tantissimi dei suoi “bambini”: a tratti il suo ci ricorda l’estremo affetto che Tod Browning aveva per le sue creature, i Freaks, perché è evidente che il regista voleva bene a tutti, per quanto seccanti alcuni di loro potessero diventare: li considerava mattoncini indispensabili per la costruzione del suo mondo, che solo lui aveva in testa in tutti i particolari ma che non avrebbe potuto realizzare senza l’aiuto concreto di tutti, dal protagonista all’ultimo degli elettricisti e dei figuranti. La sua capacità, di nuovo seduttiva, di far sentire tutti importanti e fondamentali era davvero unica e vedere Fellini in azione in Fellinopolis, direttore d’orchestra di una compagine tanto assortita, come un mago capace di tirar fuori dal cappello ogni sorta di meraviglie, diverte e lascia ancora ammirati.
Il rapporto di Fellini col circo nei ricordi di Liana Orfei
E poi c’è il circo, con l’enorme fascinazione che esercitava su Federico Fellini, che nel 1970 gli dedicò l’elegiaco I clowns. Un mondo a parte tanto simile al suo, chiuso agli estranei, che si aprì con generosità a questo regista che lo amava tanto. Amico intimo della famiglia Orfei, che gli mise a disposizione il suo circo e a cui lui suggerì il grandioso spettacolo de Le Mille e Una notte, coinvolgendo il suo costumista premio Oscar Danilo Donati, Fellini volle Nando Orfei nel ruolo dello zio di Amarcord e fu spesso ospite della famiglia circense. Così ha ricordato in conferenza stampa quel rapporto speciale Liana Orfei, smentendo innanzitutto una voce che la vuole – non accreditata – nel cast de La dolce vita:
In realtà avrei voluto fare La dolce vita, ma ho conosciuto Federico proprio in occasione di un provino che lui voleva farmi all’epoca del film per un personaggio che poi non andò bene. Il fatto stesso che Federico Fellini si fosse interessato al personaggio di una donna che non apparteneva al mondo del cinema, del teatro o della moda, ma a quello del circo che lui amava tanto fece di me improvvisamente una stella, arrivarono fotografi e produttori e dal quel momento in poi ho fatto 53 film. Con noi, lui ha veramente vissuto il suo sogno quello di entrare una famiglia circense e vivere questa vita, che adorava. Mia mamma quando arrivava cominciava a preparare i tortellini, che lui diceva erano tra i più buoni che avesse mai mangiato. Mio fratello Nando era il suo più grande amico. Lui viveva con noi le prove degli animali, quelle degli artisti, seguiva quello che succedeva tra la gente del circo. Viveva con noi al punto che – cosa che stupiva anche i nostri artisti stranieri che già allora lo conoscevano – la mattina di Natale, che noi eravamo sempre a Roma, veniva a fare gli auguri a tutti insieme a Giulietta. Pensare che due personaggi del genere venissero nel mondo comune, bellissimo e importante ma umile del circo a darci questo augurio era per noi un sogno divenuto realtà, più del suo nei nostri confronti.
Il rapporto con Federico è stato idilliaco dall’inizio alla fine e lo stesso con Giulietta, una donna stupenda di grandissima sensibilità che per lui ha avuto un’importanza grandissima. Lui era estremamente protettivo nei suoi confronti, si prendeva cura di lei con grande tenerezza e a volte la trattava quasi come una bambina. Quelli del circo sono personaggi molto semplici, molto genuini, ma non sprovveduti, conoscono tante cose e apprezzavano in particolare il fatto che re, regine, presidenti della repubblica venissero a vedere i nostri spettacoli, ma Federico era come fosse un sunto di tutto questo, parlava con ognuno di loro, interessandosi al loro lavoro e alla loro vita. La gente del circo aveva per lui un rispetto che assomigliava all’adorazione. Federico emozionava ed era indelebile, quando aveva conosciuto una persona una volta era per sempre. È stato importantissimo per noi, per tutto l’affetto e la stima che ci ha dimostrato e tutto quello che ci ha regalato gli dirò sempre: grazie Federico, sei grande, da vivo e da morto.
Quando Fellini “tradì” il circo
Anche se l‘amicizia tra Federico Fellini e la famiglia Orfei durò tutta la vita, l’idillio con l’ambiente si spezzò proprio in occasione del film dedicato dal regista alle figure fondamentali di questo spettacolo, I Clowns. Sempre Liana Orfei racconta questo “tradimento” e il dolore che causò nel mondo circense:
Per I Clowns gli abbiamo messo a disposizione tutto il circo, tutti gli artisti e tutto il personale, notte e giorno perché potesse realizzare questo sogno. I Clowns è stato un successo eccezionale in tutto il mondo ma non tra gli artisti del circo, specie italiani, perché Federico nel film annuncia la morte del circo con quella del clown. I personaggi circensi appartenenti a famiglie con centinaia di anni di storia alle spalle, come noi, i Togni, i Casatelli e altri rimasero scioccati da questo messaggio che arrivava in un momento in cui il circo internazionale, ma soprattutto quello italiano, andava per la maggiore. Con Nando e Rinaldo, i miei fratelli con cui lavoravo e che purtroppo non ci sono più, decenni prima del Cirque du Soleil, ogni tre anni creavamo spettacoli originali con storie, costumi, musica e grandi personaggi. A vedere Le Mille e una notte, suggerito da Federico, che ci “prestò” il premio oscar Danilo Donati, con 140 persone in pista e storie e numeri che si intrecciavano venivano anche dall’America. In quel momento, quando a Roma dalla vigilia di Natale a Pasquetta lavoravamo ininterrottamente facendo il tutto esaurito con 2/3 spettacoli al giorno, Federico se ne uscì con l’idea che il circo era finito. E la gente del circo si offese a morte, mi telefonavano da tutte le parti dicendomi che dovevo dirgli che aveva sbagliato. Ma che volete che dica io a un genio? Quella è stata l’unica incrinatura del rapporto tra la gente del circo e Federico.
Fellinopolis: un film che commuove e ci ricorda la grandezza di un artista inimitabile
Se Liana Orfei confessa di essersi emozionata fino alle lacrime dall’inizio alla fine del film e di non saper isolare un singolo momento preferito, Silvia Giulietti riesce a distaccarsi come autrice e diventare spettatrice commossa in quattro momenti, che gli spettatori vedranno e apprezzeranno come tutto il resto delle immagini inedite che ci raccontano anche un mondo ormai passato, quel cinema fatto di arte e artigianato insieme che portò l’Italia alla ribalta degli Oscar e alla fama internazionale: l’accoglienza di Fellini del gigantesco e realistico rinoceronte di E la nave va, a cui dà il suo benvenuto offrendogli “protezione e casa”, il mare mosso a mano da veri e propri “gondolieri”, il treno e le immagini dei funerali solenni all’interno del Teatro 5, le ultime dedicate al grande regista dal bravissimo Castronuovo (incredibile come senza disturbare riuscisse sempre a trovare le inquadrature giuste e le prospettive più originali per i suoi Special sul cinema), dove si tocca con mano il dolore del mondo del cinema che ha perso il suo Faro, come veniva chiamato Fellini nell’ambiente. Anche noi siamo rimasti colpiti e commossi da questo e da altri momenti, dai racconti e dalla commozione dei suoi collaboratori, dalla presenza sempre accanto a lui del grande direttore della fotografia Peppino Rotunno, scomparso nel febbraio di quest’anno, ma soprattutto dall’allegra confusione di set in cui si tocca con mano la magia che Federico Fellini riusciva immancabilmente a spargere intorno a sé e da cui chiunque restava immediatamente catturato. Tutto questo e molto altro, chi ama il cinema potrà rivivere grazie a Fellinopolis, già presentato con successo in molti festival nel mondo e al cinema dal 10 giugno con Officine UBU.
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