Una serie televisiva polacca, giovane, spiritosa e irriverente. Difficile solo a pensarlo fino a non troppo tempo fa, per colpa di un pregiudizio (sempre sbagliato in quanto tale) secondo cui la cinematografia dell’Est si portava dietro una tristezza e una pesantezza atavica, figlia di quei regimi comunisti che vedevano nel divertimento un delitto, privilegiando, persino dopo la caduta, un densissimo e pallosissimo cinema d’autore.
I tempi cambiano, meno male, ed ecco spuntare, nella programmazione di Netflix, Sexify, da alcune settimane un piccolo e simpatico prodotto che arriva da Varsavia e che tratta di sesso, l’argomento più gettonato oggi in tv e non solo per le immagini, ma anche per la potenza evocativa delle parole: se ne chiacchiera, se ne discute, ci si interroga perché, al tempo del minimalismo quotidiano, è considerato ineludibile e forse chiarificatore di tanti nostri comportamenti.
Natalia, studentessa universitaria di profitto e ambizione, vuole inventare un’app che le permetta di farsi finanziare una startup. Secchiona e nerd, dapprima tenta con un meccanismo che regoli il sonno, ma visto che non interessa ai docenti prova con il sesso. I suoi approfondimenti scientifici dicono infatti che ben poche donne provano davvero l’orgasmo completo: ecco perché con un’app rivoluzionaria arriverebbero a conoscere meglio il proprio corpo, regolandone così le funzioni e il piacere.
Le sue compagne di ventura, in questo progetto folle, sono Paulina, promessa sposa a un militare di carriera che in materia è ignorante come un caprone, e Monika, sessualmente disinibita anche per supplire a diverse mancanze. Dove non arriva una, insomma, ci pensa l’altra, per una storia che aggancia l’attenzione non soltanto del pubblico di adolescenti e giovani, i principali destinatari di questo genere di prodotti, ma anche di un’audience più vasta, perché in fondo si tratta di una commedia degli equivoci con tutti i crismi e ben architettata proprio nel rispetto delle regole del genere.
Nelle otto puntate della prima stagione di Sexify si ride parecchio – esilaranti la trasformazione di una stanza del dormitorio della casa per studenti in una specie di bordello per tutti i gusti, e le impacciate ragazze che vanno in gita al Sexy Shop – eppure la serie non è esente dalla riflessione sul punto di vista femminile a proposito del sesso in una società che, tra comunismo e cattolicesimo, ha ignorato il problema a lungo. Interessante in tal senso la netta differenza generazionale tra i vecchi, ancora legati alla società conservatrice di un tempo, e le ragazze di oggi, che quel periodo non l’hanno conosciuto e giustamente reclamano libertà, anche e soprattutto attraverso il sesso. Molto più profonda di Sex Education che a tratti ricorda, Sexify funziona e piace anche in Italia.
Luca Beatrice, ilgiornale.it