Un “antieroe moderno fuori dagli schemi”. Un uomo e un artista “che odiava le definizioni e i cantanti seriosi.
Diceva sempre che la musica non può cambiare il mondo ma può strappare un sorriso. Come lo definì Renzo Arbore, era divertente, ironico, ma anche impegnato, profondo e contemporaneo”. E’ il ritratto di Rino Gaetano che traccia Claudio Santamaria, interprete nel 2007 del cantautore calabrese nella miniserie Rai Ma il cielo è sempre più blu di Marco Turco, accolta da una grande successo di pubblico e di critica. Una fiction che tornerà in prima serata su Rai1 il 2 giugno in occasione dei 40 anni dalla morte di Gaetano, scomparso nel 1981 a soli 31 anni. “La cosa che mi ha stupito – ha detto all’ANSA – è che le giovani generazioni dopo aver visto la miniserie fossero andate a sentirsi tutte le canzoni di Gaetano, che non conoscevano. La sua forza sta nella sua eternità. Ha creato musica che è costantemente contemporanea. Ha toccato temi universali andando sempre fino alla radice e questo ha reso le sue canzoni sempre giovani e immortali. Poi nei suoi brani c’è anche una ricerca di suoni incredibile”. Uno dei grandi meriti della fiction è stato portare al grande pubblico “il lato più poetico di Rino. Chi lo amava già conosceva quell’aspetto profondo e doloroso dell’emigrante, uno dei temi più importanti e più visitati nella sua musica”. Interpretare questa miniserie poi “mi ha ridato fiducia nel mio mestiere. Poco dopo la messa in onda, durante un incontro con il pubblico, venne da me, insieme alla moglie, un signore, un tabaccaio. Mi raccontò che da anni non faceva altro che dormire, lavorare e mangiare e aveva perso ogni stimolo nella vita. Conoscere con la fiction il lato più poetico di Gaetano lo aveva portato invece a una serie di ricerche sulle influenze nella sua musica, gli aveva fatto riacquistare una scintilla di curiosità e voglia di conoscenza, e così aveva ritrovato anche il rapporto con la moglie e la figlia. Chi dice che con l’arte non si mangia lo rimanderei all’asilo. L’arte nutre tanto il corpo quanto l’anima”. Dopo i mesi di chiusure e stop, Santamaria ha pronti vari progetti di primo piano: debutterà probabilmente a un festival (si parla di Venezia) l’attesissimo Freaks out di Gabriele Mainetti (“l’abbiamo girato ormai quasi tre anni fa”); è completa ‘l’Ora’, serie tv per Canale 5, sulla storia de L’ora di Palermo, il quotidiano che tra gli anni ’50 e 60 smascherò con una inchiesta la presenza endemica della mafia in città, ed è in fase di postproduzione Christian, la serie noir con elementi di soprannaturale, realizzata per Sky: “Sono tre progetti a cui tengo moltissimo, non vedo l’ora il pubblico possa vederli”. Da questo periodo di emergenza usciamo “tutti davvero molto provati ma anche per alcuni rafforzati nei rapporti – aggiunge -. Per delle coppie è stato deleterio, per altre come nel caso di Francesca (Barra) e mio è stato rinsaldante. Noi siamo sempre insieme e amiamo fare le cose insieme. Mi sento molto fortunato anche perché il mio lavoro ha continuato a esistere. Chi fa cinema ha avuto possibilità di continuare a lavorare. Il problema grosso è stato per le altre attività dello spettacolo dal vivo. Come sempre in Italia lo spettacolo e l’arte in generale vengono messi all’ultimo posto. E’ stato svilente vedere il grado di abbandono da parte dello Stato di questo settore così importante. Come abbiamo visto con le serie degli ultimi anni e qualche giorno fa anche con il trionfo dei Maneskin all’Eurovision, quando abbiamo la possibilità di esprimere il nostro talento e la nostra creatività diventiamo numeri uno al mondo. I Maneskin che vincono l’Eurovision elevano tutta l’Italia. La nostra identità culturale viene messa in risalto grazie a ragazzi ventenni che lavorano tanto, mettendosi in studio a scrivere e suonare a creare”. Siamo il Paese che più degli altri dovrebbe avere la priorità di valorizzare la propria cultura. E’ ciò in cui ti riconosci, che permette la crescita anche emotiva, dei nostri ragazzi”.
ansa.iy