Il ritorno degli scorretti Pio e Amedeo: «A Emigratis ci vergognavamo, troppe gag che non faremmo mai nella vita»

Il ritorno degli scorretti Pio e Amedeo: «A Emigratis ci vergognavamo, troppe gag che non faremmo mai nella vita»

Un nuovo show per affrontare, a modo vostro, il politicamente corretto, il catcalling, il body shaming, le parole che non si possono dire: puntate a farvi chiudere subito?
«È una reale possibilità. Oggi in tv è tutto sterilizzato, è anche per questo che gli spettatori si sono allontanati dal mezzo. La gente non si riconosce in quella giacca e cravatta che è il mood della tv. Noi siamo quelli che parlano come parla la gente, forse piacciamo proprio perché diciamo quello che la gente vuol sentire, il pubblico si riconosce in noi».
Pio e Amedeo, maschera dell’italiano medio e cafone, qualunquista e perbenista, verace fino a essere volgare (troppi complimenti?) approdano da venerdì 16 su Canale 5 con uno show in tre serate.

Il titolo vintage, «Felicissima sera», rimanda al varietà elegante di un tempo. Che c’entrate voi?
«Il titolo è volutamente vintage, perché il nostro obiettivo è prenderci il pubblico della tv generalista, quello che di solito non è il nostro pubblico. È un grande show, un tipo di spettacolo che Mediaset non faceva da tanto tempo e ha incredibilmente deciso di affidare a noi. È altrettanto incredibile, ma avremo anche ospiti di un certa caratura: un bel segnale, perché vuol dire che è forse il tempo di non prendersi sul serio. Nella prima puntata, tra gli altri ci saranno Maria De Filippi, De Gregori, Tommaso Paradiso. Il nostro gioco è prendere personaggi alti, che non si lasciano andare facilmente, e portarli nel nostro mondo. Alla gente piace vedere come si umanizzano».

Se la cornice è da varietà classico, il quadro è la vostra comicità scorretta.
Pio: «Nella dinamica di coppia io sono quello che vuole fare il varietà, mentre Amedeo continua a ricordarmi chi siamo e soprattutto da dove veniamo. Io lo rinnego, sostenendo che non ho mai compiuto quelle zoccolaggini di cui mi accusa. Il nostro modo di intendere la comicità è sempre quello di criticare qualcosa nel momento stesso in cui lo facciamo. Il problema oggi è che siamo diventati superperbenisti, non si può dire più niente, non si può fare più niente, non ci si può esporre. La libertà che ci vantiamo di aver conquistato in realtà è sempre messa in discussione».

Cos’è per voi il politicamente corretto?
«È l’arma social di chi non ha niente da dire, di chi non ha talento e allora si appiglia lì, perché non ha argomenti mentre contestare è sempre la via più facile. Il problema è che è sbagliato sempre generalizzare, etichettare tutto in un solo senso; l’ossessione a essere dalla parte del giusto e la corsa al consenso online sono una piaga».

Ormai le chiacchiere da social sono peggio delle chiacchiere da bar…
«Sì, la cassa di risonanza è molto più ampia. Persone che non avevano nemmeno il diritto di parlare al pranzo di Natale in famiglia perché non avevano il carisma per farlo, adesso si sbizzarriscono sui social. Questa follia che siamo tutti uguali deve finire, Flavia Vento non è uguale a Piero Angela».
Pio: «Lasciala stare, Flavia e io abbiamo la stessa taglia di seno… È body shaming questo? Io mi guardo allo specchio e penso quanto faccio schifo; se lo dico però la gente mi attacca. Manco l’auto body shaming si può fare, non c’è più nemmeno il diritto a offendersi da soli».

E il catcalling?
Amedeo: «Ho paura anche a rispondere, mi viene una tensione lungo la schiena. Già li vedo con l’indice puntato. Noi con il catcalling ci abbiamo fatto la carriera, perché Emigratis quello era».
Pio: «Mia mamma per anni ha fatto catcalling con me perché avendo tanti figli e fratelli e non mai ricordandosi il mio nome, mi fischiava sempre: ahó, vieni qua. Questo è mother catcalling».

Dite che la gente si riconosce in voi: c’è da preoccuparsi…
«Noi abbiamo sempre interpretato l’italiano medio, quello che si veste in un certo modo e fischia anche per strada. Per chi sa leggere è una critica… E poi fa parte della nostra cultura essere dei gran cazzari, invece la comunicazione vuole sterilizzarci. I problemi non sono nella parole ma nei concetti a monte».

La tv deve educare?
«Si dice sempre che ci sono i bambini. Ma i bambini non la guardano più la tv. E poi chi l’ha detto che la tv deve educare? È un luogo comune da scardinare. Sono i genitori prima e gli insegnanti poi che devono farlo».

Non vi vergognate mai?
«Con Emigratis sì, interpretavamo dei personaggi, mettevamo una maschera e facevamo cose che mai faremmo nella vita vera. Era come essere protetti da un casco da supereroe, ma ci vergognavamo noi e soprattutto i nostri parenti».

Si può scherzare su tutto?
«Si può e si deve. La nostra fortuna è essere in due, uno spinge e l’altro si dissocia, la doppia chiave ci aiuta sempre. In sintesi non ci limitiamo su niente».

Salvini, Meloni, Grillo, Letta: che spalle sarebbero?
«Salvini è il nostro opposto; lui del nord, noi del sud; potrebbero venire fuori mille cose divertenti: fino a 20 anni fa non ci cagavi e ora sì, ci sarebbero grandi spunti. Con Giorgia Meloni ci piacerebbe farla incazzare perché è fortemente vulnerabile da quel punto di vista. Invece Grillo per la sua storia non potrebbe fare da spalla a differenza di Letta che è uno che subisce da tutta la vita, ha la faccia di chi sa incassare. Potremmo fare altre quattro prime serate, anzi cinque: una pure con Berlusconi, lui può fare tutto».

Draghi di qua, voi di là…
«Sì, non abbiamo tanto in comune… Certo sembra surreale che dal suo arrivo si sono spente tutte le polemiche intorno alla politica, eppure è rimasto tutto uguale, le restrizioni, le zone colorate, il copia incolla dei dpcm… Con Conte almeno aspettavi i messaggi su Facebook, ci andavamo a fare la doccia, ci mettevamo il profumo, non vedevamo l’ora che uscisse, eravamo emozionati».

Oggi l’attualità viene bruciata subito, più difficile fare i comici?
«Ora ti svegli la mattina e hai mille messaggi nel cellulare con mille battute, a mezzogiorno è già tutto vecchio: devi farti tre giri in più di testa e quattro giri in più di bicchieri di vino per capire cosa raccontare. La nostra forza è la dinamica — senza che ci inventiamo niente, perché anche Franco e Ciccio già lo facevano cent’anni fa —, la dinamica di coppia ci salva».

Se ci fosse un partito qualunquista sarebbe di maggioranza?
«Sì, è la forza di Salvini stesso, noi diciamo sempre che lui è il Barbara D’Urso della politica, è quel target lì, facile da prendere e facile da convincere, che legge sempre meno, che scorre i titoli e non gli articoli, che si informa su testate fake…».

Renato Franco, corriere.it

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