Coccoluto, Cecchetto: «Era un intellettuale della consolle. Gli ho fatto il filo per la radio: non ha mai ceduto»

Coccoluto, Cecchetto: «Era un intellettuale della consolle. Gli ho fatto il filo per la radio: non ha mai ceduto»

Per Claudio Cecchetto, Coccoluto — morto all’alba di martedì all’età di 59 anni —«è sempre stato di una categoria a parte. Quando si parta dei dj ti vengono in mente quelli che fanno casino, che vogliono diventare estremamente popolari e che magari mirano a fare tv. Lui no». Cecchetto, negli anni, ha provato diverse volte a convincerlo a passare dall’altra parte: «L’ho corteggiato a lungo — confessa —. Mi sarebbe piaciuto vederlo in radio e anche lui in qualche modo era tentato, ma alla fine ha sempre prevalso il suo timore di snaturarsi». Secondo il talent scout, non era strategia, ma natura: «Lui era allineato alla sua politica: era un disc jockey puro, da discoteca: quello era il suo ambiente, quello dove ha sempre date il massimo. Dietro le sue scelte c’era una filosofia precisa: era un intellettuale della consolle».

La sua filosofia

Il motivo è semplice per chi frequenta i club, meno per chi ne è estraneo: «Se tu andavi ai suoi spettacoli ascoltavi una musica non consueta, non di quelle che passano in radio. Sentivi musica da discoteca, fatta per scatenarsi, ballare. Lui è sempre stato fedele alla tradizione e questo lo ha reso diverso dagli altri. Non è facile mantenere questo nome, specie quando ti tentano con altre proposte. Ma lui ha sempre preferito non rischiare di adattarsi ad altri mezzi: la sua scelta era il club». Una decisione alla base che potrebbe sembrare difficile, ma che per Cecchetto era semplicemente «la più logica ai suoi occhi. Quando sei una star non c’è niente da fare: hai un talento e fai in modo di preservare quel tipo di talento e personalità. Non li snaturi». Lui, noto per la sua calma e pacatezza, «in consolle si scatenava: obiettivamente lì veniva fuori tutta la sua passione e la sua gioia di poter esprimere quello che pensava. Ti rendevi conto, insomma, della sua filosofia: non era un cambiadischi».

Un corteggiamento fallito

La loro non è stata un’amicizia quotidiana: «Ci siamo incontrati molto spesso per lavoro e ogni volta lo abbiamo fatto molto intensamente. C’era molta stima reciproca nonostante fossi io più pop lui più clubbing. Quando gli facevo il filo per farlo venire in radio andavo spesso ai suoi spettacoli e ogni volta che partiva qualcosa mi chiedevo: ma questo pezzo cosa è? Riusciva a trovare delle chicche che diventavano il successo di un club, era impossibile non ti coinvolgessero. Avessi avuto Shazam lo avrei tenuto attivo dall’inizio alla fine di un suo spettacolo». Alla fine, proprio per questo anche Cecchetto si è fatto una ragione del suo no alla radio: «Ho capito nel tempo che sicuramente in radio non si sarebbe potuto esprimere come in consolle. Non a caso era una persona straordinaria, c’era una ragione: era speciale anche nella vita».

Chiara Maffioletti, corriere.it

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