Riccardo Muti dirige per la prima volta un’opera a Torino. È già in prova con l’Orchestra del Regio per il Così fan tutte, con la regia di sua figlia Chiara, in streaming l’11 marzo sul canale del teatro in forma gratuita. E dopo una settimana vi terrà un concerto verdiano.
In realtà doveva dirigere un’opera a Napoli. Cosa è successo?
«Il napoletano Muti, che non è l’ultimo arrivato, aveva tre appuntamenti al San Carlo: una nuova produzione del Don Giovanni e due concerti, uno dei quali a maggio con i Wiener Philharmoniker nel tour europeo che farà tre tappe in Italia. Alla Scala, a Firenze e appunto a Napoli, che tra l’altro avevo scelto per la trasmissione tv. Ora al suo posto c’è Ravenna, porterò i Wiener a casa mia. Erano progetti della precedente gestione del San Carlo (prima c’era la sovrintendente Rosanna Purchia, ora è arrivato Stéphane Lissner, ndr)».
Le era capitato che cancellassero un suo impegno?
«Mai. Io non porto rancore ma ho vissuto questa vicenda come un’offesa. A Napoli tornerò presto, al Teatro Mercadante, con l’Orchestra Cherubini. E la Regione Campania mi ha proposto un progetto alla Reggia di Caserta».
Ma Lissner l’ha cercata?
«Sì, ma a me non interessa discutere su qualcosa che è stato eliminato. Ho diretto di recente due concerti, uno a a Paestum e l’altro a Caserta, località vicine a Napoli, e non s’è fatto vedere. Neanche un messaggio mi ha mandato».
Si è trattato di difficoltà economico-finanziarie?
«Mah, hanno soldi per tante altre cose, e poi sapevo che per il concerto dei Wiener c’era un budget a disposizione. Volevano spostarlo di data, ma è una risposta poco professionale perché se c’è un tour non è che poi si possa tornare il mese dopo. Io non sono disoccupato, ho orchestre meravigliose e sto scoprendo nuovi teatri, a Torino mi sto trovando benissimo».
Perché anziché il nuovo «Don Giovanni» porta la ripresa del «Così fan tutte»?
«Con le regole Covid, creare ex novo una produzione, sarebbe stato complicato. Del Così fan tutte, che farò a Vienna e a Tokyo, Chiara ha mantenuto l’ossatura dell’allestimento, con qualche novità perché i cantanti non si possono baciare o abbracciare».
Il clima al Regio?
«Avevo diretto l’Orchestra del Regio una sola volta, nel 1968, agli inizi della mia carriera. L’ho trovato non solo piena di volontà ma di valore, i musicisti stanno esprimendo il meglio in condizioni morali e economiche molto difficili. Così fan tutte è un’opera complessa, credo sia quella che ho più diretto nella mia vita, la prima volta nel 1982 a Salisburgo, su invito di Karajan».
Il suo concerto di Capodanno ha avuto 1 milione di spettatori in più rispetto al 2020.
Sorride: «Si vede che ha affascinato il vecchio musicista che dirige il Bel Danubio Blu».
Cosa chiederebbe al premier incaricato Draghi?
«Sono fiducioso e contento che un uomo così rispettato a livello internazionale, un gran difensore dell’Italia, ci sia in un momento come questo. I grillini si sono messi di traverso? I grilli se li mangia, non s’è mai visto un grillo che mangia un drago. Mi piacerebbe che i tanti ricercatori italiani a Chicago tornassero nel nostro Paese. Quanto alla cultura, ho stima di Franceschini ma un ministro da solo non può risolvere i problemi. Bisogna cominciare a far amare e insegnare la musica dall’inizio, dalle elementari».
L’aspettano a Palermo.
«Vi andrò a marzo, dopo 50 anni, per due concerti, uno con la Cherubini e uno con l’Orchestra del Massimo. Mi daranno la cittadinanza onoraria, anche per i concerti dell’Amicizia in luoghi difficili. A Palermo anni fa vi portai i Wiener, erano talmente entusiasti della città e del teatro che speravano di restarvi in residenza per una settimana. Ma l’Italia è come il Rigoletto, la donna è mobile…».
E la «sua» Chicago?
«Visto che si è perduto un anno e mezzo di lavoro per il virus, prolungherò il contratto fino al 2023-24. Poi avrò bisogno di tornare nei miei trulli a Castel Del Monte».
Valerio Cappelli, Corriere.it