«Stavo ancora girando il primo film e già pensavo a questo, a come avrei potuto raccontare il mondo di oggi in un secondo Wonder Woman movie». La regista Patty Jenkins, prima donna nella storia di Hollywood a essere chiamata a dirigere un comic-movie, ricorda come, pur non volendo lanciare nessun messaggio politico, WW 1984, secondo capitolo delle avventure dell’eroina DC Comic, rifletta la realtà di oggi e quella storica — ma somigliante in quanto a edonismo e egoismi — dei ruggenti anni Ottanta.
Ambientato appunto nel 1984, come suggerisce il titolo, Diana Prince/Wonder Woman, interpretata ancora una volta dall’attrice israeliana Gal Gadot, avrà a che fare con due cattivi, Cheetah interpretata dalla comica Kristen Wiig e Max Lord (l’attore Pedro Pascal). Quest’ultimo, per modi di fare e anche un po’ nell’aspetto ricorda il Donald Trump imbonitore televisivo che ha preceduto la sua entrata in politica. «Non è lui ma è uno di loro — ha detto la regista, riferendosi alla spregiudicatezza degli imprenditori di quel tempo —. Il mio film però non è un manifesto politico, tant’è vero che, pur essendoci il presidente degli Stati Uniti nel film ho fatto in modo che non somigliasse al presidente di allora, Ronald Reagan. Forse ancora di più nel ritrarre l’antagonista mi sono fatta influenzare dal personaggio di Bernie Madoff» (quest’ultimo, nel 2009, venne condannato a 150 anni di carcere per aver truffato migliaia di risparmiatori).
Il personaggio del «villain» Max Lord ha una storia simile di debiti e truffe sino a che non ruba una pietra che ha il potere di esaurire i desideri di chi la possiede. A caro prezzo, però. Wonder Woman dovrà rimettere le cose a posto, a costo di enormi sacrifici personali. «Diana vive in un mondo moderno ora. È l’America di 36 anni fa, vicina abbastanza da servire da metafora per raccontare il mondo in cui viviamo adesso. Vorrei che questo film servisse a guardarci dentro, a rivedere il nostro modo di vivere, a valutare i nostri eccessi». Wonder Woman raccontata nel film dà il buon esempio in un mondo in cui gli egoismi personali tendono a prevaricare. «Qualche volta bisogna sacrificare il nostro bene per quello comune — dice Gadot —. Se lo fa una supereroina possiamo farlo anche noi, magari indossando una mascherina». C’è un altro messaggio, rivolto alle ragazze, che la protagonista vuol far passare: quello che ribadisce la indubbia forza delle donne. «Un risultato, quando lo vedi realizzato anche in un film, sai che è possibile, e se sai che è possibile allora riesci ad ottenerlo. Spero che la storia che raccontiamo abbia questa funzione, mostri cioè la forza delle donne, che è diversa da quella degli uomini, ma è enorme».
Gadot, che è anche produttrice del film, tiene a sottolineare proprio l’ aspetto della rappresentazione della forza aggraziata delle donne. «Nelle scene di lotta abbiamo voluto che emergesse questa differenza rispetto al modo di combattere degli uomini. Ci chiedevamo come fare sino a che non siamo andati a vedere uno spettacolo del Cirque du Soleil. La grazia di quelle acrobazie ci ha ispirato e abbiamo ideato coreografie di combattimenti che rispecchiano quell’eleganza. Perché le donne se lottano, lottano con eleganza».Wonder Woman 1984 ha subito la sorte difficile dei film durante la pandemia. Girato a inizio 2019, avrebbe dovuto uscire lo scorso Natale ma un ritardo tecnico ne ha rimandato il debutto in primavera 2020 cadendo così in pieno lockdown. Ora la sua uscita è prevista a fine gennaio o non appena riapriranno le sale in Italia. «Vorrei tanto che il pubblico potesse vederlo sul grande schermo condividendo la magia del cinema con altre persone — conclude l’attrice —. È stato un lavoro incredibilmente faticoso ma appagante. Come quando partorisci e poi ti scordi immediatamente del dolore che hai appena provato. Questo è un film sulla ricerca dell’eroe che è in ognuno di noi. Il mondo ora ha bisogno di eroi».
Francesca Scorucchi, Corriere.it