Il boom dello streaming ha portato gli abbonati Netflix in Italia a superare quota 4,6 milioni nel 2020, il doppio rispetto al 2019, con stime di Digital tv research che parlano di oltre 7 milioni di contratti entro il 2025. Tenuto conto che l’abbonamento standard a Netflix in Italia costa 11,99 euro al mese, ovvero 144 euro all’anno, si può quindi stimare che nel 2020 i ricavi di Netflix sulla Penisola supereranno i 660 milioni di euro. Cifra destinata a crescere ulteriormente per il continuo aumento di clienti e per le strategie di Netflix che già su altri mercati sta ritoccando le tariffe di un +7-8%.
Non c’è però ancora un campanello, un citofono, un luogo fisico, una struttura giuridica in Italia a cui attribuire questi ricavi. Tutto continua infatti a passare dall’Olanda, ad Amsterdam, dove il colosso americano dello streaming a pagamento ha il suo quartier generale europeo.
Nell’ottobre del 2019 il fondatore di Netflix, Reed Hastings, in visita in Italia, aveva ribadito l’intenzione di aprire una sede stabile sulla Penisola, precisando che «come tutte le imprese internazionali è importante pagare le tasse». Nel gennaio del 2020 Netflix aveva poi ufficializzato che la sede sarebbe stata a Roma. Ma il Covid-19 ha fermato tutto. E, al momento, Netflix in Italia non ha ancora una propria sede (quelle relative a Villino Rattazzi, vicino a via Veneto, sono per ora solo indiscrezioni), non ha uffici, si lavora tutti in smart working e i pochissimi dipendenti presenti sul territorio sono assunti dalle due società Los Gatos services Italy srl e Los Gatos entertainment Italy srl di Milano (Los Gatos è la città californiana dove c’è l’headquarter di Netflix).
Non solo. A differenza di quanto accadrà nel Regno Unito, in Francia e in Spagna a partire dal 2021, Netflix, per ora, non intende fare emergere ufficialmente i ricavi realizzati in Italia. Almeno finché il business italiano, gli investimenti, la struttura o il numero di dipendenti non raggiungeranno i livelli di Regno Unito, Francia e Spagna.
Netflix, quindi, continuerà a versare nelle casse dell’erario italiano solo i milioni di euro pagati per l’Iva, ma per le imposte sui redditi bisognerà attendere. Dall’ottobre del 2019, peraltro, la procura della repubblica di Milano ha avviato una indagine contestando a Netflix la «stabile organizzazione materiale occulta» in Italia. L’accertamento è ancora in corso, gli uomini di Netflix stanno parlando con l’Agenzia delle entrate e con la Guardia di finanza, e oggetto del contendere è il fatto che, in base ad alcune interpretazioni, una stabile organizzazione o è materiale o è personale, ma non può essere occulta. Più in generale, comunque, Netflix non ha mai nascosto le intenzioni di supportare i progetti del G20 in materia di aumento dei diritti impositivi dei singoli paesi, progetti che andranno a modificare le linee guida dell’Ocse sul transfer pricing. E in più di una occasione lo stesso Reed Hastings ha sottolineato come la questione della tassazione non sia un problema, «basta evitare la doppia imposizione».
In attesa della inaugurazione della sede di Netflix in Italia, che comunque ci sarà come da promesse di Hastings, di una squadra un po’ più ampia di quella attuale (quando si partirà ufficialmente ci saranno una trentina di dipendenti, e al momento il più alto in grado è Eleonora Andreatta, vice presidente serie originali italiane di Netflix) e della conclusione della procedura di accertamento, va tuttavia escluso che Netflix possa essere coinvolta in Italia dalla cosiddetta web tax: in realtà la digital services tax, in tutti gli altri paesi, ha colpito i gruppi che monetizzano i dati utenti, che incassano pubblicità grazie a quei dati, che rivendono quei dati a terze parti. Netflix è un servizio business to consumer e ritiene di non sfruttare i dati a fini commerciali.
Tornando alle politiche fiscali, però, Netflix, come anticipato, cambia registro nel Regno Unito. Il quotidiano inglese The Guardian, infatti, ha appena sentito i vertici della piattaforma di streaming a pagamento i quali hanno confermato che a partire dal 2021 la società dichiarerà al fisco inglese i ricavi realizzati nel Regno Unito. Finora, invece, quei flussi transitavano dall’Olanda, dove c’è il quartier generale di Netflix in Europa e dove il regime fiscale è favorevole. «Vogliamo che l’organizzazione della nostra struttura corporate rifletta bene le nostre attività e lo sviluppo del nostro business in Uk e negli altri mercati internazionali. Perciò», ha detto al Guardian una portavoce di Netflix, «dal 2021 i ricavi di Netflix generati in Uk saranno riconosciuti in Uk e su di essi pagheremo le tasse societarie dovute».
Netflix, in base a stime raccolte dal Guardian, nel 2020 dovrebbe incassare circa 1,25 miliardi di euro in Uk. Nel 2018 aveva dichiarato solo 47,6 milioni di euro di ricavi nel Regno Unito.