Viste con gli occhi della pandemia le foto dello stadio di San Siro pieno di folle acclamanti sembrano anacronistiche più che mai. Ci si consola solo convincendosi che torneranno i concerti, torneranno gli artisti internazionali, torneranno le magliette sudate e le corde vocali svuotate, anche se ancora non sappiamo quando. Esce in quest’anno bizzarro per la musica e per gli stadi “San Siro Rock”, di Massimiliano Mingoia, giornalista politico del Giorno, esperto e amante di rock’n’roll, ora anche storiografo della ‘Scala del calcio’ nella sua versione di arena musicale. Il volume, edito da ‘Officina di Hank’ (28 euro, 600 pagine), in uno slancio quasi enciclopedico racconta per filo e per segno la storia di un posto che è stato – ed è ancora, al di là dei suoi prossimi destini – ‘l’amplificatore’ di Milano. Uno stadio che è stato punto d’approdo per tutti coloro che amano la musica. Per chi canta, e nel demone di ‘riempire San Siro’ vede ‘la prova più dura’. Ma anche per i fan, che, da tutta Italia e non solo, regolarmente sbandierano come una medaglia sulla giacca quel ‘sono stato a San Siro a vedere…”. A vedere Vasco ad esempio, che rimane – come emerge dalla classifica in fondo al libro – il più assiduo inquilino rock dell’arena: 29 i concerti del Blasco che hanno fatto tremare il terzo anello. Seguito da Ligabue (nella foto) con 12, e dal ‘Boss’ Bruce Springsteen con 7 esibizioni. L’acribia del cronista porta l’autore a collezionare citazioni, elenchi, scalette ripercorse al millimetro e intervallate dalle emozioni di quei giorni. E dal volume sembra anche di respirare l’odore degli archivi dei giornali, che hanno seguito, data dopo data, tutte quelle serate magiche. All’inizio c’è la storia della struttura, nata con un progetto e trasformata nel tempo. Quella stessa struttura che da un paio d’anni si trova al centro di un braccio di ferro tra amministrazione comunale, squadre di calcio (Inter e Milan) intenzionate a soppiantarla, e abitanti del quartiere forse più impauriti di trovarsi ad abitare in un centro commerciale dopo aver vissuto una tranquilla e residenziale periferia, che affezionati alle grandi colonne elicoidali rosse e grigie. Il libro parte con il battesimo del ‘Meazza dei concerti’: gli anni 80 e quel Bob Marley iconico, che avrebbe segnato un prima e un dopo, per la musica e per lo stadio: “Il cachet di Marley – si legge – è di centomila dollari a sera, circa ottanta milioni di vecchie lire. Il biglietto, in ogni caso, ha un prezzo popolare: 4.000 lire, 4.400 con i diritti di prevendita. Il ticket cartaceo ha i colori rosso-gialloverde della bandiera Rasta e ritrae Marley mentre si fuma una canna”. La carrellata prosegue con Bob Dylan: 24 giugno 1984. Il libro non tralascia di contestualizzare, accennare alla storia del tempo, e ricordare “tutto quello che c’è dietro”: dagli impresari, agli organizzatori, dai movimenti politici che animavano la città e il mondo, fino a chi avrebbe ‘aperto’ i concerti dei grandi, per poi diventare esso stesso un grande. E’ il caso di Pino Daniele, con Dylan ’84 (ma si era già esibito prima di Marley nell’80).