Il filo azzurro che lega Maradona e Paolo Sorrentino: “Gli devo la vita”

Il filo azzurro che lega Maradona e Paolo Sorrentino: “Gli devo la vita”

Nel 2014 il regista napoletano ha citato il fuoriclasse argentino nel discorso di ringraziamento per l’Oscar per La grande bellezza, e gli sarà legato per sempre per un episodio avvenuto nella sua adolescenza

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Gli artisti esagerano sempre: è nella loro natura. Per un regista visionario come Paolo Sorrentino, che ama adoperare il sogno e l’eccesso come cifra stilistica, la tendenza può essere ancora più accentuata. Ma quando Sorrentino ripete “Io, a Maradona, gli devo la vita” – una frase e un concetto ribadito più volte in tanti anni e tante interviste – sta letteralmente dicendo la verità.

“Diego mi ha salvato la vita”: c’è il Napoli e c’è Maradona nel giorno più importante e drammatico dell’adolescenza di Paolo Sorrentino, una storia a cui sta dedicando in queste settimane un film non a caso intitolato E’ stata la mano di Dio. I fatti avvengono nel primo weekend di aprile del 1987, quando il Napoli di Maradona è in piena corsa per vincere il primo storico scudetto della sua storia e Sorrentino ha 15 anni, è abbonato in curva B e come tutti i suoi coetanei sogna anche lui di diventare calciatore, senza particolare successo (“Il mio modello era Salvatore Bagni, giocavo a centrocampo e correvo tanto come lui: poi ho iniziato a fumare”). È un sabato mattina di sole e i suoi genitori stanno per raggiungere la casa in montagna in Abruzzo, precisamente a Roccaraso. Ma per una volta Paolo non li seguirà: ha chiesto e ottenuto il permesso di andare in trasferta per la prima volta nella sua vita, a Empoli, per seguire il suo Napoli anche lontano dal San Paolo.

Più volte Sorrentino ha ricordato i suoi genitori, di origine popolare, cresciuti nei Quartieri Spagnoli ma profondamente diversi. La mamma Tina, casalinga “solare, accogliente, divertente, radiosa”. Il padre Salvatore detto “Sasà”, impiegato di banca, taciturno, “poco napoletano”: “Toni Servillo me lo ricorda, con il suo rigore e le fiammate di ilarità irresistibile”. Un momento di grande comunione era avvenuto nell’estate del 1984, quella in cui in città era sbarcato Re Diego: “Era l’estate dei miei 14 anni e mi trovavo in vacanza da solo in Inghilterra. Chiamavo a casa ogni tre giorni e uno di questi giorni mio padre mi disse che il Napoli aveva comprato Maradona”, ha raccontato Sorrentino al mensile francese So Foot nel 2015. “Poi fece una pausa – era un uomo che manteneva sempre un certo distacco – e mi disse: ho già fatto gli abbonamenti per l’anno prossimo”. Salvatore Sorrentino evidentemente capisce l’emozione del figlio atteso l’indomani alla sua prima trasferta, accompagnato da un amico: via libera, nessun problema.

Così la sera di sabato 4 aprile 1987 il giovane Paolo la passa da solo, nella casa al Vomero, e la domenica mattina si precipita a rispondere al citofono, immaginando che sia il suo amico venuto a prenderlo in macchina. Invece è il portiere, che gli chiede di scendere. Quando arriva al piano terra si sente comunicare una notizia tremenda: i suoi genitori sono morti nel sonno, nella notte, a Roccaraso, a causa delle esalazioni di monossido di carbonio provenienti da una stufa difettosa. La primavera dei sedici anni di Paolo Sorrentino continuerà sospesa tra l’estremo dolore per la scomparsa dei suoi genitori e l’estrema gioia del primo scudetto, festeggiato per settimane giorno e notte da una città intera.

Sorrentino ha inserito sprazzi di pallone e di Maradona in molti suoi film, a cominciare dall’esordio del 2001 con L’uomo in più (film che è metafora calcistica fin dal titolo) fino a Youth (2015)in cui compare direttamente il suo personaggio, grasso, affannato e ospite di una casa di cura in Svizzera, interpretato dall’attore argentino Roly Serrano. Ma l’omaggio più toccante e personale se l’è riservato per il discorso più importante della sua vita, il 2 marzo 2014, salendo sul palco del Dolby Theatre di Los Angeles per ricevere dalle mani di Ewan McGregor l’Oscar al miglior film straniero vinto con La grande bellezza. “Ringrazio le mie fonti d’ispirazione, Federico Fellini, i Talking Heads, Martin Scorsese e Diego Armando Maradona”. Lasciato teatralmente per ultimo, in ordine crescente di grandezza.

Giuseppe Pastore, Tg24.sky.it

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