Si apre con la solitudine di papa Bergoglio in piazza San Pietro durante la sua ormai storica preghiera per chi soffre a causa della pandemia e si conclude con il pontefice che a chi guarderà il film chiede di pregare per lui, come disse quando salì sul soglio di Pietro, il docufilm ‘Francesco’ diretto e prodotto da Evgeny Afineevsky, regista nato in Russia e trapiantato negli Stati Uniti già nominato agli Academy Awards per i suoi ‘Cries From Syria’ e ‘Winter on Fire’.
Proiettato ieri in prima mondiale nella sezione Eventi Speciali alla Festa del cinema di Roma, alla presenza del regista e di Juan Carlos Cruz, uno dei protagonisti più incisivi del docufilm, per anni vittima di violenze sessuali in Cile e primo accusatore del potente sacerdote e abusatore sessuale Fernando Karadima (papa Francesco lo ha dimesso dallo stato clericale due anni fa) il film avrà la sua première negli Stati Uniti il 25 ottobre al Savannah film festival, e sarà quindi al Fort Lauderdale Film Festival il 13 novembre, mentre non è stata ancora fissata la data di uscita italiana. Girato in tre anni, il documentario racconta la missione di papa Francesco di fronte ai maggiori temi del mondo contemporaneo, dal disastro ambientale (“il mondo è diventato una discarica”, dice Bergoglio nel film), al dramma dei migranti, passando per i muri di confine, le diseguaglianze economiche e di genere, la pandemia, l’offensiva sugli abusi sessuali perpetrati dagli uomini di Chiesa. Prodotto da Den Tolmor, produttore nominato agli Oscar, e in parte con la Ucla School of Theater, Film and Television (UCLA TFT), con i produttori Eric Esrailian e Teri Schwartz , il film è stato terminato nel giugno scorso e mostrato al papa, che ha apprezzato il progetto, questa estate. Sebbene non sia un film biografico su papa Francesco in senso tradizionale, il documentario segue i viaggi papali da Lampedusa a Lesbo a Gerusalemme, dall’Asia all’Africa raccontando le sue sfide, oltre che con le immagini, con interviste al protagonista e ai personaggi testimoni del suo cammino. Insieme ai bambini africani che con i loro disegni implorano la pace compaiono il papa emerito Benedetto XVI, il cardinale Luis Antonio Tagle, l’arcivescovo Charles Scicluna, José Ignacio Bergoglio, nipote del papa, Mauro Garofalo, Daniela Pompei e Alberto Quattrucci della Comunità di Sant’Egidio, suor Norma Pimentel al servizio dei migranti al confine tra il confine tra Usa e Messico, Juan Carlos Cruz, Mark Kennedy Shriver, il cardinale Dieudonné Nzapalainga, Marcelo Suárez-Orozco, Estela Barnes de Carlotto, Adolfo Pérez Esquivel, Sergio Rubin, il rabbino Daniel Goldman, il presidente armeno Armen Sarkissian, il primo ministro del Bangladesh Sheikh Hasina, padre Guillermo Marcò, il rabbino Abraham Skorka, lo Sceicco Omar Abboud, Frate Michael A. Perry, il rabbino Arthur Schneier e, tra gli altri anche Greta Thunberg, ripresa in Vaticano, quando il papa la incitò ad andare avanti nella sua battaglia ambientalista.
Insieme a momenti storici del papato di Bergoglio – come l’abolizione, nel 2019, del segreto pontificio per i casi di abusi sessuali – il film dà ampio spazio alla storia della vita di Francesco, dalla nonna italiana che fu la sua mentore religiosa alla sua fede calcistica. Si chiude riproponendo le immagini della fumata bianca e della prima volta di Francesco alla finestra di San Pietro, gremita da una folla ancora più impressionante guardandola oggi, in epoca pandemica del distanziamento sociale e con il tweet in cui il papa ringrazia medici, infermieri e operatori sanitari in prima linea contro il Covid-19.