Venezia, Jasmine Trinca: “Che emozione il mio primo piccolo film da regista”

Venezia, Jasmine Trinca: “Che emozione il mio primo piccolo film da regista”

“Una grande emozione per il primo piccolo film”. Jasmine Trinca, attrice apprezzatissima e pluripremiata, presenta nella sezione Orizzonti la sua opera prima da regista, il cortometraggio ‘Being My Mom’, espressamente dedicato al suo rapporto con la mamma scomparsa quando l’attrice era poco più che trentenne ed era diventata a sua volta mamma della piccola Elsa. Nei 12 minuti, senza dialoghi, il corto segue, in una Roma deserta, una madre e una figlia (interpretate da Alba Rohrwacher e la piccola Maayane Conti) che camminano senza sosta, trascinando una grande valigia. Le due sembrano cercarsi e sfuggirsi, “ribaltando continuamente i loro ruoli naturali, scambiandosi in qualche modo i ruoli di madre e figlia”. Fino ad un finale che è una rivelazione d’amore.

“È una passeggiata metaforica nell’esistenza di due donne e un’indagine sui chiaroscuri della maternità e della figliolanza”, dice la regista che dichiara “totale e completa felicità” per essere stata selezionata con questo esordio a Venezia, dove è presente anche da protagonista, insieme a Clive Owen, di ‘Guida romantica a posti perduti’, il film di Giorgia Farina presentato come Evento Speciale alle Giornate degli Autori.

Del passaggio dall’altro lato della macchina da presa confessa: “Era tanto tempo che pensavo che mi sarebbe piaciuto ma non riuscivo ad autorizzarmi. Era un po’ cercavo la chiave giusta. Poi è arrivato questo piccolo racconto breve e muto sul rapporto tra madre e figlia, un racconto intimo che ha anche a che fare col rapporto che ho avuto con mia madre”, aggiunge Jasmine, che osserva: “Dopo la sua morte ho capito come il suo sguardo mi aveva sempre influenzato”. Ed anche l’esordio alla regia aveva a che fare con “un cambiamento di sguardo”. “Ho anche pensato all’inizio che avrei potuto interpretarlo. Volevo mettere in scena mia mamma, quindi avevo anche pensato di recitarlo io. Poi ho capito che era meglio chiedere ad un’amica e collega che aveva la capacità di toccare tutte le corde che andavano toccate, come Alba Rohrwacher, così io avrei potuto concentrarmi sulla regia”.

Sulla scelta di un corto senza dialoghi, Jasmine spiega: “è un’opera buffa, in cui si mescolano riso e pianto, come nei vecchi film muti. È anche un po’ un omaggio al cinema del ‘vagabondo’ di Chaplin. Non che le parole non siano importanti, però a volte possiamo farne a meno. È importante anche condividere i silenzi”, sottolinea. “Io con mia figlia ogni tanto lo faccio, ci capita di passeggiare in silenzio”, aggiunge.

Da sempre protagonista di scelte molto accurate nella sua carriera (“però ho rifiutato delle bombe di successo commerciale e delle proposte dall’estero che i miei amici ancora mi prendono per le orecchie”), l’attrice confessa di non essere affascinata dal cinema americano (“quelle dimensioni enormi, con centinaia di persone sul set, richiedono un pelo sullo stomaco che forse non ho”). E di non escludere altre regie: “Chi lo sa?”, dice ridendo.

Da sempre attenta ai temi della parità e alle questioni di genere, l’attrice e regista dice la sua anche sulla decisione del festival del Berlino, di dedicare un unico premio gender neutral alla migliore interpretazione: “Berlino è molto avanti e quindi capisco la scelta. In un mondo ideale troverebbe d’accordo anche me. Ma il problema sarebbe applicare una scelta del genere in mondi come il nostro dove c’è ancora un problema culturale importante e dove i ruoli da protagonista per le donne non sono tantissimi”, sottolinea, rimandando a quanto accaduto in questi giorni al Festival della Bellezza (dove è stata tra le pochissime ospiti donne tra tanti uomini invitati) e alla composizione del Cts anti-Covid “dove non c’è neanche una donna”.

Quando all’impatto del Covid sulla sua vita, confessa di essere affetta anche lei da un po’ di “stress da incertezza”. “Bisogna darsi tempo, l’onda passerà. Ne usciremo migliori? Per ora mi sembra di no. Ma bisogna combattere il rischio di chiudersi ognuno nel proprio fortino, perché può avere esiti pericolosi. Ci vorrà un percorso rieducativo per tutti per tornare a socializzare”. La cosa che ha desiderato di più tornare a fare dopo il lockdown? “Lunghe passeggiate all’aria aperta”. Come quella che affrontano le due protagoniste di ‘Being My Mom’.

Adnkronos

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