Autore televisivo e regista cinematografico, scrittore e giornalista: negli anni Cesare Lanza ha fatto la storia dello spettacolo
È stato l’autore di “Domenica In” per sette anni, “La talpa” e “La Fattoria”: “Ho avuto soddisfazioni e delusioni. Ora mi sono un po’ stancato e onestamente non mi piace quello che va in onda”
Cesare Lanza il noto autore e giornalista tv si racconta in esclusiva. Dalla creazione del suo blog alle malattie che ha sconfitto e si toglie anche qualche sassolino dalla scarpa.
Come mai non la vediamo più in tv?
L’ho fatta per 15 anni, ho avuto soddisfazioni e delusioni. Mi sono un po’ stancato e onestamente non mi piace la tv di oggi.
Ha ideato il sito web la mescolanza. Di cosa si tratta? È soddisfatto di questo progetto?
Eravamo partiti in tre. Dago, Barbara Palombelli e io. Barbara si è ritirata quasi subito, Dagospia ha riscosso un trionfo, con grande intuito. Di me non parlo: lo facciano gli altri, se vogliono; io mi considero un liberale assoluto.
Dica la verità: le manca la tv?
No. Non ho più l’età.
Che ne pensa dei programmi tv attuali?
Non mi piacciono. Orribili i talk politici: chiasso fastidioso, i conduttori vogliono essere protagonisti, gli ospiti non riescono a parlare e strillano.
Cosa guarda in televisione?
Il Tg7 di Enrico Mentana, il calcio, qualche volta Barbara D’Urso, bravo anche Alfonso Signorini al “Grande Fratello VIP”. Sanno fare spettacolo.
Per anni è stato tra gli autori del Festival di Sanremo. Le è piaciuta l’ultima edizione?
Dico solo che sono stato il primo a sostenere che le canzoni contano meno degli ospiti. I grandi cantanti non ci vanno, con quelli medi e i piccoli ci vorrebbe una formula di eliminazione diretta, come nel tennis. A Sanremo ho portato, tra tanti altri, Mike Tyson e Ranja, regina di Giordania. Picchi di ascolto.
E di Amadeus cosa mi dice?
Ho lavorato con lui vent’anni fa in una “Domenica in”: la prima per lui e per me. Più che altro mi è piaciuta l’amicizia con Fiorello: vera, sincera.
Ma alla fine cosa ricorderemo del 70esimo Festival di Sanremo?
Il colpo di testa di Morgan. Mi è piaciuto Achille Lauro con le sue idee audaci.
Ha avuto problemi di salute, adesso come sta?
Non mi sono fatto mancare nulla: un tumore, il diabete, il cuore… Mi sono abbattuto, ora sto bene, incrociando le dita.
Oltre Sanremo, ha curato tante edizioni di “Domenica in”. A tal proposito: finalmente con Mara Venier gli ascolti sono tornati ai tempi in cui c’era lei tra gli autori. Mara è la regina indiscussa della domenica pomeriggio?
“Domenica in” è la sua vita. Con lei c’è grande affetto e grandi litigate. Commisi un errore: difendere gli spazi di Massimo Giletti da Mara che voleva comprimerlo. Giletti è ambizioso senza limiti.
Il suo ultimo libro si intitola “Il gioco d’azzardo”. Lei è mai stato affetto da ludopatia?
Ma no. Ho vinto e perso, ho sperperato… Confesso che ho vissuto. Molti personaggi della tv ne sono affetti e si sono rovinati col gioco.
Un consiglio per uscirne?
Nessuno si rovina col gioco. E chi si rovina, si rovinerebbe in altro modo: amori infelici, affari sbagliati, alcol, droga… Non lo dico io, ma gli studiosi di psicologia.
Oggi se dovesse tornare in tv con chi le piacerebbe collaborare?
Mi sarebbe piaciuto lavorare con Carlo Freccero, ma neanche lui ha avuto.il coraggio di spingere un mio folle progetto: le domande che nessuno ha il coraggio di fare…
È reduce dal Premio Socrate di cui è l’ideatore. Di cosa si tratta esattamente?
È la mia battaglia, piccola, per restituire al merito il suo prezioso valore. I problemi di fondo in Italia sono due: chi ha meriti e qualità è sorpassato da quelli che hanno spintarelle e calci nel sedere; e non c’è giustizia. Perciò anni fa ho fondato il Premio Socrate per il merito: senza fini di lucro, senza burocrazie, senza tessere, senza pregiudizi di razza, religione, censo, poteri, istruzione…
In conclusione è una bella tv quella di oggi o meglio quella di ieri?
Ahimè, non è solo questione di tv: da Ettore Bernabei in poi tutto è peggiorato. Ma in ogni settore della nostra società oggi tutto è peggio di ieri e oggi tutto è meglio di ciò che ci aspetta domani.
Roberto Aren, Stop