«Quante cose succedono, stando fermi»: è la riflessione di un’attrice che, costretta a casa, ha scoperto una nuova vita. Dove c’è uno specchio – la sua famiglia – e una porta, da aprire o chiudere verso gli altri, con una diversa consapevolezza
Qualcuno ha chiuso la porta e ha buttato la chiave. Dentro, al chiuso, siamo rimasti tutti e pensando di essere prigionieri abbiamo scoperto una nuova libertà. È accaduto a chi ha avuto il privilegio di non piangere lutti e a chi non si è dovuto immediatamente preoccupare dell’incombente catastrofe lavorativa.
A persone come me, che in questo lungo periodo di clausura forzata sono state messe davanti a un confronto totalizzante con la propria famiglia. Non eravamo abituati. Incontrarsi ogni minuto, imparare ad ascoltarsi, non correre dietro alle urgenze, affrontare i problemi e non rimandarli o anche soltanto imparare a perdonarsi per il tempo apparentemente perso senza costrutto, è stata una grande opportunità. Non immediatamente riconoscibile. Nei primi giorni di lockdown hanno vinto i sensi di colpa e la sensazione spiazzante di non essere in corsa, in competizione con se stessi, sufficientemente produttivi. Poi, giorno dopo giorno, questo tempo ha rimesso in asse la prospettiva. Ha fatto pulizia, facilitato una scrematura inaspettatamente necessaria. Ha messo in luce la cerchia ristretta delle persone importanti e in forse la cerchia più larga, ha messo alla prova l’arte della pazienza e in gioco quella dell’ascolto. Quante cose succedono stando fermi…
Ora che tutto sembra assumere nuovamente l’aspetto di una faticosa normalità mi accorgo che ritornare alla libertà di qualche mese fa è difficile, perché è una libertà differente, è quella della vita di prima. Una vita fa.
Durante la tragedia abbiamo assaporato un tempo diverso e ora che questo tempo evapora forse abbiamo paura. Non più paura del virus o del distanziamento fisico, ma di noi stessi. Adesso, uscire, a me personalmente crea timore. Un timore non più derivante dalla pandemia, ma figlio del terrore di ricadere negli errori commessi in precedenza. Il timore di non aver imparato abbastanza a gestire la vita fuori. Abbiamo acquisito nuove consapevolezze, ma non ci è stato concesso di consultare il manuale di istruzioni. Abbiamo conosciuto una nuova libertà, ma ancora non sappiamo come usarla per adattarla a un’esistenza che non potrà e non dovrà essere come prima. Ad avere un grande equilibrio o la sapienza di un saggio si saprebbe leggere dentro questa nebulosa, individuare l’obiettivo, orientare la bussola e marciare sicuri. Ma la saggezza è di pochi e l’equilibrio è un momento. Ci vorrà fiuto e, insieme al buonsenso, sarà necessaria un po’ di fortuna. Lo auguro a me stessa e a tutti quelli, sono in tanti, che ne avranno bisogno. Siamo in viaggio. E la destinazione non è solo lontana, ma anche ignota.
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