L’aperitivo è una delle tradizioni italiane più amate all’estero. È il rituale che segna la fine della giornata di lavoro e che il venerdì inaugura l’inizio del weekend.
È l’occasione per ritrovarsi con gli amici e per trascorrere del tempo in relax. Tutto questo, però, se non fossimo nel pieno di una pandemia globale che ha fatto centinaia di migliaia di morti e infettato milioni di persone. Per due mesi gli italiani hanno dovuto rinunciare a questo momento così simbolico e sembra che vogliano recuperare tutto in una volta il tempo perduto. Ne sono dimostrazione le scene viste nelle nostre città, dove fiumi di persone hanno invaso le vie e le piazze della movida, nonostante viga nel Paese il divieto di assembramento. Se molti puntano il dito sui giovanissimi, considerati incapaci di restare in casa, il deejay Linus in un’intervista rilasciata all’Huffington Post individua nei “vitelloni” i veri responsabili di quelle immagini.
Venerdì a Milano si è assistito a scene forse mai viste in città. Le strade del centro erano stracolme di gente che non ha resistito al primo aperitivo dopo il lockdown nel primo weekend di vera riapertura. Il metro di distanza tra le persone era pura utopia nella Milano della movida, le mascherine c’erano ma in molti casi erano indossate in modo errato, quindi del tutto inutili. Le stesse scene del capoluogo lombardo sono state registrate a Brescia così come a Verona e in gran parte delle città del Paese. L’impressione è che gli italiani abbiano presto dimenticato cosa può succedere se il virus dovesse tornare a circolare ai livelli di febbraio. Scene simili a quelle che hanno indignato il Paese nella giornata di venerdì, e che hanno portato il sindaco di Brescia a imporre il coprifuoco e il governatore della Lombardia a fare un altro monito, sono state replicate in ieri a Napoli e a Roma. Nella capitale è stata aggredita una troupe di Mediaset che stava riprendendo la movida di San Lorenzo, dove centinaia di persone si sono ritrovate senza rispettare il distanziamento e la prescrizione delle mascherine.
Sull’argomento è intervenuto il dj Linus, padre di un figlio adolescente, che quindi vive da vicino gli effetti del lockdown e della fase successiva sui giovanissimi. Controtendenza rispetto alla maggior parte degli italiani, la voce più amata della radio non punta il dito contro le nuove generazioni che, anzi, secondo lui stanno subendo la sindrome del nido. “La tecnologia gli ha permesso di mantenere comunque un po’ il contatto. Già era un po’ cosi anche prima. Le loro finestre le hanno sempre tenute aperte. Incentivati a farlo prima, ora che devono recuperare il contatto fisico non è che ne abbiano tantissima voglia”, spiega Linus, che si ritrova nella paradossale situazione di dover invogliare suo figlio a uscire per andare a trovare gli amici. In merito al caos della movida, il dj punta il dito su un’altra generazione, che è quella che più di ogni altra in queste discute e litiga nella caccia ai possibili e futuri untori.
Sarebbero gli over trenta i veri incoscienti di questa fase, loro gli irriducibili degli aperitivi, il mondo “di giovani o finti giovani, non dei 18enni ma dei 35-40enni che se lo possono permettere e che non si rassegnano a mollare il ruolo di vitelloni, termine che li fotografa perfettamente. Eterni bambinoni che tutte le sere devono avere una birra in mano, secondo me i più pericolosi in questo momento, che sembra non gliene freghi niente di quello che è successo.”
Francesca Galici, ilgiornale.it