Victoria Cabello e la malattia di Lyme: «Questa è la mia seconda quarantena»

Victoria Cabello e la malattia di Lyme: «Questa è la mia seconda quarantena»

La presentatrice, in isolamento domiciliare per le norme anti coronavirus, ricorda che qualche anno fa è stata costretta a casa da una rara sindrome: «Non riuscivo neppure a camminare, pensavano fossi pazza. Nessuno mi credeva, ho pagato il fatto di essere una donna»

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Victoria Cabello e l’isolamento domiciliare. La celebre conduttrice, nella video intervista «Mezz’ora con il Corriere», ha raccontato le sue sensazioni in tempi di coronavirus, ricordando pure che qualche anno fa era già stata costretta a casa da una rara malattia: «La quarantena l’ho vissuta per un lungo periodo, stavolta però la sto trascorrendo stando bene fisicamente. E per me è già un traguardo».

Sì, perché Victoria ha attraversato la sofferenza della sindrome di Lyme, che l’ha tenuta lontano dalle scene per circa tre anni: «L’isolamento mi fa tornare alla mente il periodo in cui mi sono ammalata gravemente e mi sono dovuta chiudere in casa, ad un certo punto ero impossibilitata persino a camminare», ha ripetuto la presentatrice. «Avevo problemi sia a livello motorio che a livello cognitivo».

Non riusciva quasi a parlare, ad articolare le parole, usciva di casa e si dimenticava se aveva spento il gas o chiuso la porta: «Dovevo scrivermi tutto, ero veramente malridotta», ha aggiunto Victoria, che in maniera indipendente si è documentata su batteri e medicina. «D’altronde mi sono imbattuta nella disinformazione della comunità scientifica: dicevano che ero depressa, che dovevo tornare a lavoro».

«Dopo un anno e mezzo di questo calvario, i medici del reparto infettivi del Sacco sono stati i primi a darmi una diagnosi, in particolare Agostino Zambelli: è stata la prova che non ero pazza». La riflessione di Victoria prende così una piega ancor più dolorosa, che poggia su basi discriminatorie: «Ho avuto la prova che esiste una questione di genere, ho dovuto pagare il fatto di essere una donna».

«Se fossi stata un uomo non mi avrebbero dato della pazza, in sindrome premestruale o della depressa. Venivo costantemente liquidata, mi dicevano che era un problema psicologico. E invece era la malattia di Lyme». Che lei – con l’aiuto di pochi – ha sconfitto: ora tocca all’Italia – unita – battere il coronavirus.

Vanityfair

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