La guerra dello streaming, che molti ormai definiscono più una corsa ad accaparrarsi abbonati, è iniziata con l’avvento di Apple Tv+ la scorsa settimana. Finora Netflix l’aveva fatta da padrone, con l’innesto di Amazon e vari player locali come la nostrana Timvision. Però da questo momento in poi comincia un periodo di lanci che arriverà fino all’anno prossimo con Disney+, Hbo Max, NbcU, Discovery-Bbc giusto per citare i maggiori. E allora che forma prenderà il mercato? Secondo i dati della società di ricerca Ovum, nonostante l’ingresso in massa degli studios di Hollywood e dei grandi broadcaster, gli over the top manterranno ancora la fetta maggiore.
Ovuum parla dei Faang, uno degli acronomi che individuano i big del digitale: Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google. La loro quota sugli abbonamenti streaming oggi è del 63% e rimarrà pressoché stabile scendendo fino al 60% nel 2023, mentre la loro fetta dei ricavi nell’advertising video on demand (essenzialmente quello di YouTube e di Facebook) è oggi del 39% e salirà fino al 43%. Ovviamente le differenze fra le singole società Faang sono al momento enormi, con Netflix che ha 158 milioni di abbonati e Apple che sta partendo, ma tutte queste società hanno dalla loro un vantaggio distributivo enorme rispetto agli altri player, che deriva dall’essere campioni nella tecnologia e nel digitale.
«I Faang includono le aziende più innovative, dirompenti e più grandi di sempre che competono nella distribuzione dell’intrattenimento», ha commentato Ed Barton, capo analista del team consumer and entertainment di Ovum. «Queste aziende hanno costruito posizioni dominanti nei segmenti chiave della distribuzione video: abbonamenti Ott e pubblicità. Questa situazione sta rendendo la vita molto difficile ai servizi video concorrenti che cercano di ottenere un buon posizionamento».
I prossimi cinque anni vedranno un’enorme competizione in questo campo, con ingenti investimenti per dotarsi delle piattaforme tecnologiche necessarie, dei contenuti originali e per portare avanti una politica promozionale che permetta di acquisire quanti più abbonati possibile. Si pensi a Disney, che oltre al servizio stand alone ha già annunciato pacchetti con Espn+ e Hulu, dello stesso gruppo, e ha stretto una partnership con Verizon per offrire gratuitamente Disney+ ai 50 milioni di clienti mobile americani dell’operatore per un anno.
Questo significa che i nuovi entranti (ma non solo) dovranno essere in grado di reggere anni di perdite. Solo così potranno sopravvivere perché una selezione sarà naturale. È vero che con l’abbassarsi del prezzo medio degli abbonamenti gli utenti saranno disposti a sottoscrivere più di un servizio video on demand, ma comunque è ritenuto più che probabile un assestamento del mercato con chiusure o accorpamenti dei servizi minori. Già qualche giorno fa Sony ha fatto sapere che chiuderà il suo servizio PlayStation Vue per risultati non all’altezza dopo cinque anni di attività.
«I Faang festeggiano mentre i giganti dell’intrattenimento si preparano a perdere miliardi di dollari creando piattaforme video dirette al consumatore», ha concluso Barton. «È probabile che l’intero settore dei video Ott subirà perdite. Le aziende rimaste in piedi nel 2025 avranno l’opportunità di modellare il futuro a lungo termine della distribuzione dell’intrattenimento, ma avranno pagato un prezzo molto alto».
Andrea Secchi, ItaliaOggi