Ambra Angiolini: «La mia salvezza? Il volontariato, il coraggio e tutti i miei amori»

Ambra Angiolini: «La mia salvezza? Il volontariato, il coraggio e tutti i miei amori»

Il suo compagno, gli altri, se stessa. Ambra si racconta sulla copertina di «Vanity Fair»

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«Io sono sempre stata quella con i sogni più strani. E con i momenti più scuri di una notte buia».

Racconta quei sogni e quei momenti – come mai aveva fatto prima – Ambra Angiolini Vanity Fair, che le dedica la copertina del numero in edicola da mercoledì 9 ottobre, vigilia dell’uscita in sala del film Brave ragazze, di cui è protagonista e che è diretto dall’ex compagna di avventura a Non è la Rai, Michela Andreozzi.

I sogni, spiega Ambra nell’intervista al direttore di Vanity Fair Simone Marchetti, hanno a che fare soprattutto con la maternità.

«Quando ero bambina, in quinta elementare, avevo un diario titolato Cenerentola in cui scrivevo che la cosa che volevo fare da grande era la mamma.

A 14 anni, quando ovviamente non capitò, mi sembrava strano.

A 18, dopo Non è la Rai, non essere madre mi fece scoprire per la prima volta il volto della depressione.
Il dottore mi disse di partire per il Brasile. Così presi l’aereo e andai a Rio per iniziare la mia esperienza come volontaria con un medico dell’Ospedale San Camillo di Roma che operava i bambini. Fu bellissimo e travolgente.

Ma la vera sensazione di sazietà fu quando rimasi incinta di mia figlia. Era come se fossi stata affamata d’amore per tutta la vita e improvvisamente ero sazia».

I momenti bui, invece, hanno a che fare con la paura.
Una paura, racconta Ambra, misteriosa e paralizzante.
«Inverno 2011. Forse 2012.
Stavo facendo un lavoro importante e iniziai a sentire che avevo paura di tutto. Di fare le scale, di prendere l’ascensore. Poi l’aereo e il treno.
Infine, quando anche il bagno è diventato un luogo inquietante, mi sono detta: il raggio della vita si sta stringendo troppo.

Le paure stavano dominando la mia vita. E quando succede così è l’inizio del baratro.
Stavo girando La Squadra e dissi stop.

Poi una mattina è crollato tutto. Una mattina qualunque.
Mia figlia Jolanda si sveglia, deve andare all’asilo.
Il sole entra nella cameretta, l’armadio è colorato, bellissimo. Mi chiede: mamma mi aiuti a vestirmi? Io realizzo che è la cosa più difficile da fare. Vado nell’altra stanza, mi metto a piangere per un’ora.
Quella mattina ho capito che dovevo ricominciare da capo».

vanityfair.it

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