Gianna Nannini: “Non potevo stare senza cocaina. Una notte ho toccato il fondo”

Gianna Nannini: “Non potevo stare senza cocaina. Una notte ho toccato il fondo”

Un nuovo album, La Differenza, una nuova consapevolezza e il bisogno di raccontarsi. Non solo nei testi delle nuove canzoni, partorite a casa, a Londra, e incise a Nashville, ma anche a Vanity Fair. E questa volta per Gianna Nannini nessun argomento è tabù. La sessualità, le droghe, la povertà e la salute mentale. La rockstar senese, 63 anni, non l’avevamo mai sentita parlare di sè così candidamente.

«Ami gli uomini? Ami le donne? Sempre le stesse domande, davanti alle quali uno vorrebbe dire soltanto: “Ma te li fai i c***i tuoi?». Solo due anni fa arrivava un coming out tardivo, dopo anni di speculazioni. Oggi va più a fondo: «Ho sempre amato uomini e donne e soprattutto non ho mai avuto freni nel sentire e seguire quello che volevo. Le ho sempre rifiutate, le definizioni. Al termine “coming out”, che ghettizza, ho sempre preferito la parola libertà». «Alla parola gay, che ti pretenderebbe felice e ormai non usano più neanche in America quando indicono un pride, preferisco frocio. Chi è libero nel linguaggio è libero dentro», racconta al settimanale Gianna, specificando, come se ce ne fosse bisogno, che a lei «le divisioni, a partire da quelle di genere, non mi hanno mai interessato granché».

Sepolta per sempre nel passato è la dipendenza dalle droghe, che Gianna ha provato tutte, «tranne l’eroina». Racconta del suo abuso costante di cocaina, dalla quale è stata dipendente «per un po’ di tempo, quasi quarant’anni fa». «Ero a Londra e ce la portavano in studio con la stessa semplicità con cui oggi ti consegnerebbero un panino», rivela la Nannini, «non stavo mai senza, ci viaggiavo, ero del tutto incosciente». E poi, il momento in cui ha detto basta. Un giorno le cade «il sasso rosa, nel cesso». Si china per metterci le mani dentro e arriva la gelida consapevolezza. «Mi dico: “Non posso fare questa cosa, non posso ridurmi così”. Ho smesso lì. Il giorno dopo». Ancora una ricaduta, prima di un concerto e l’esperienza che la convince a lasciar perdere definitivamente: mischiando la sostanza a uno shot di tequila, la cantante collassò nel backstage del suo show. Da lì, non ha mai più toccato cocaina.

Al di là delle droghe, di momenti bui Gianna ne ha vissuti molti, oggi tutti alle spalle. «Tutti mi dicono che so’ pazza, ma credo semplicemente che quando uno è sé stesso sembra matto. La follia è un’altra cosa. Io l’ho sperimentata e ho sperimentato anche la schizofrenia. So cosa sono», racconta a Vanity, «mi è capitato di morire e poi rinascere. All’inizio degli anni ’80 sono stata molto male».

Anche il suo arrivo a Milano, agli albori della carriera dorata che ormai dagli anni ’70 la vede in testa alle classifiche, non fu facile. «Mantenersi, all’inizio, non fu facile», ricorda, «mio padre mi aveva promesso una macchina se avessi conseguito il diploma prima del previsto. Feci due anni in uno e a 18 anni, con la Lancia regalata da papà, scorrazzavo in questa città tutta nuova facendomi rubare l’autoradio per incassare i soldi dell’assicurazione. La lasciavo in bella vista sul sedile del passeggero, ogni tre mesi qualcuno regolarmente spaccava il vetro e io incassavo felice i soldi dell’assicurazione».

Ilmattino.it

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